Gli stadi, la poesia

Controcorrente? No, contro i venditori di fumo, piuttosto. C’è una corsa, adesso, a “riaprire gli stadi”, come se fosse la cosa più urgente. La più logica. Già, “perchè il calcio senza pubblico non è la stessa cosa”. Certo, non lo è. Ma siamo appena usciti da 4 mesi senza calcio, mai dimenticarlo. E siamo sopravvissuti, se Dio vuole. Vuoi che non si sopravviva guardando il calcio in Tv? Via, non facciamo della demagogia spicciola. Non possiamo urlare “chiudiamo le discoteche” e poi aprire gli stadi. Ci vuole logica, buon senso, equilibrio. Perchè riaprire gli stadi, sia pure con capienza ridotta, con tutte le restrizioni del caso, equivale a quel “liberi tutti” che sarebbe il peggiore dei rimedi. Ve l’immaginate una curva “aperta per un terzo”, con gli ultras costretti (quasi) a tacere? No, non può essere. Sarebbe un supplizio, impossibile.
Certo, gli stadi vuoti fanno malinconia, questo sì. Ma anche le discoteche vuote, l’Arena semivuota, i concerti annullati, fanno malinconia. Il calcio può farcela benissimo anche così, s’è capito molto bene. Sarà meno romantico, vero anche questo. Non c’è più poesia. Ma quella, in questo calcio, è finita da un bel po’…