Il ‘600 e il libertinismo erudito Questa tradizione, fiorita in Francia, affonda le sue radici nella tradizione “italiana”

Nel vocabolario comune, la parola libertà apre a una vasta area semantica all’interno della quale vengono ricomprese diverse sfumature di significato. Bisogna però tenere in considerazione che, nonostante il concetto in sé stesso sia indubbiamente positivo, non tutti i termini che ne derivano hanno la stessa connotazione. In particolare, vale la pena riflettere sulla differenza di significato tra libertario e libertino. Premesso che lo stesso concetto di libertà non è univoco – esistono infatti molte idee diverse di libertà, a seconda dell’ideologia politica o religiosa, della sensibilità di ciascuno, dell’ambito di cui si sta parlando –, si può ragionevolmente dire che una persona libertaria è una persona che rivendica un proprio spazio di azione e di pensiero in contrasto rispetto a una situazione che, evidentemente, la limita. Il libertino, invece, è una persona verso la quale il giudizio sociale e/o morale non è solitamente positivo. Per una serie di ragioni – non ultimo il moralismo, o l’imposizione di un pensiero etico promosso da istituzioni o strutture sociali – il libertinismo viene considerato una forma di libertà sregolata, senza freni e, quindi, in qualche modo dannosa. Tuttavia, il libertinismo non riguarda, storicamente, solo i costumi o la morale; al contrario, l’idea che vi siano state (o vi siano tutt’ora) persone che assumono come unica regola l’assenza di regole, non esaurisce il significato storico del termine. A partire dal Seicento, infatti, si affermò una vera e propria corrente di pensiero definita libertinismo erudito. Gli intellettuali che professavano questo pensiero non avevano particolari interessi a mettere in atto pratiche definibili libertine nel senso gergale del termine, ma produssero un’ampia serie di opere volte ad attaccare tutte le strutture dottrinali che ingabbiavano lo sviluppo di idee autonome. Il bersaglio principale, come è facile intuire, furono soprattutto i sistemi dottrinali teologici e religiosi. Anche per questo, ossia per demolire le narrative religiose, i libertini aprirono all’interesse per la storia, sotto la specie della demistificazione; ma assunsero anche prospettive filosofiche tese a ridurre a una spiegazione razionale i fenomeni inspiegabili che la religione attribuisce all’intervento miracoloso di angeli, demoni o divinità. In questo senso, la tradizione del libertinismo erudito, fiorita principalmente in Francia, affonda le radici nella tradizione “italiana”: autori come François de La Mothe Le Vayer o Gabriel Naudé furono accaniti lettori di autori rinascimentali italiani, in reazione principale alla Chiesa di Roma, che proprio nella Penisola aveva e mantiene la sua sede.

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