Quelle fotografie ritrovate Un’incredibile storia: una fotografa, i centomila “scatti” nascosti

“Vivian Maier. Una fotografa ritrovata” di John Maloof (2015, Contrasto)

La storia di Vivian Maier è incredibile. Nata a New York nel 1926 e cresciuta in Francia, al rientro negli Stati Uniti lavorò per quarant’anni come bambinaia a Chicago. Una vita qualunque, dimessa, nell’arco della quale però realizzò oltre centomila fotografie. Foto che rimasero sconosciute sino a quando, negli anni duemila, lo storico e street photographer John Maloof, le scoprì durante un’asta a Chicago.
Le sue immagini sono ora esposte in gallerie e musei di tutto il mondo. Questo libro, curato dalla stesso Maloof, assieme a Marvin Heiferman, Howard Greenberg e Laura Lippman, costituisce di fatto la raccolta più completa delle sue fotografie e include lavori in bianco e nero e a colori, autoritratti e molti scatti inediti. L’introduzione di Heiferman, consente di esplorare l’opera di Vivian Maier inquadrandola in una precisa prospettiva, quella della street photography americana contemporanea.
Difficile non essere affascinati dai suoi scatti. Perché attraverso quelle foto, il mondo ci viene rivelato attraverso i suoi occhi. Cogliamo l’ironia laddove l’aveva intravista lei, così come la malinconia, il grottesco e l’assurdo.
Ed è altrettanto difficile non pensare alla sua estrema riservatezza, al fatto che non abbia mai mostrato a nessuno le sue immagini. La scelta dei soggetti, la composizione e la forza delle sue immagini, ci indicano quanto la Maier “vedesse” le fotografie che realizzava così come dicono che scattare significava per lei creare immagini fotografiche. “To make a photo” anziché “to take it”.
Se chiudiamo gli occhi, riusciamo a immaginarla con la sua macchina fotografica. Possiamo addirittura indovinare come ci avrebbe ritratti. Ma la vera domanda è: noi saremmo stati in grado di vederla davvero? Avremmo riconosciuto l’artista all’opera o l’avremmo ignorata, così come forse ci capita di fare nella vita di tutti i giorni?

G.Tom.