«Il mondo è fatto a scale. Chi le scende e chi le sale» disse Paolo Stoppa nei panni di Papa Pio VII ad Alberto Sordi in quelli del Marchese del Grillo. Scena cult, una delle tante, del capolavoro firmato nel 1981 da Mario Monicelli. Così è la vita, così è il calcio. Chi scende e chi sale, e un giorno ci si incrocia. È quanto successo ieri al Gavagnin, per la sfida ai confini della zona playoff tra Virtus e Mantova. A l’incornata di Filippo Pittarello nel primo tempo, ha risposto una zampata felina di Simone Ganz nel finale. Uno e uno e tutti contenti, o quasi.
Ma i destini che si incrociano son proprio quelli dei due cecchini: da una parte Pittarello, un debuttante in categoria dopo anni di gavetta in serie D: dall’altra Ganz, figlio d’arte, che in serie C è invece sceso per ritrovarsi.
Il calcio a volte è davvero misterioso: padovano, Filippo Pittarello, il salto tra i professionisti lo ha fatto solo a 24 anni. Cresciuto tra le fila del Padova sin dalla scuola calcio, alla prima squadra è arrivato nella stagione 2014-2015 in serie D: una dozzina di presenze, nessun gol. Da lì è iniziato il suo peregrinare in categoria fino all’approdo alla Virtus: «Pittarello è un emblema della politica della Virtus: ragazzi che vengono dalla gavetta della serie D» ha detto di lui il direttore genarle della Virtus Diego Campedelli alla sua presentazione. Nelle ultime due stagioni, l’attaccante padovano è sempre andato in doppia cifra: 10 reti con la maglia della Caronnese, e 15 lo scorso anno con la Luparense. Alla Virtus sarebbe potuto arrivare già un anno fa: un mese in precampionato alla corte di Fresco, ma non ci fu modo di tesserarlo. Gigis Khan è però uno che ai suoi figlioli si affeziona, non lo ha perso di vista e a Borgo Venezia Pittarello ce lo ha portato quest’anno: «La differenza con la Serie D, la fanno la cura dei dettagli, la determinazione nel raggiungere il risultato. Devi saper farti trovare pronto, dare sempre il massimo e non mollare mai» ha spiegato Filippo. Abile nel gioco aereo, rapido e sveglio sotto porta, il ragazzo sta ripagando la fiducia: prestazioni convincenti, tre centri e la voglia di non fermarsi più. Ma al Gavagnin ieri è stata anche la domenica di Simone Ganz; se il Mantova se l’è cavata, lo deve a lui. Figlio di un bomber di razza come suo padre Maurizio, quello che a San Siro chiamavano «El segna sempre lu», il percorso del ragazzo sembrava dover essere quello di un predestinato: giovanili al Milan, debutto in prima squadra nel 2011 nientemeno che in Champions League, subentrando a Robinho a Minsk contro il Bate Borisov. L’esplosione al Como, l’ingaggio alla Juventus che lo gira in prestito al Verona. Davanti, ha però un totem come Pazzini, e le occasioni per mettersi mostra non sono molte. La Juve lo cede al Pescara dove perde colpi e si smarrisce. La risalita è partita dalla serie C, a Como, e ora a Mantova dove è giunto in prestito dall’Ascoli: «Ho vissuto qualche stagione così così e quando è arrivata la chiamata del Mantova non ci ho pensato due volte» ha detto al suo arrivo. Nemmeno a far gol pensa due volte: quest’anno ne ha già marcati ben sei. E ora è carico in rampa di lancio, la stessa di Filippo Pittarello. Destini incrociati.
Elle Effe