Abitudini alimentari di padre in figlio I genitori esercitano un impatto diretto sui comportamenti. Serve approccio coerente

L’espressione “di padre in figlio” è un modo di dire italiano che indica il passaggio di qualcosa, solitamente un mestiere, un’attività, un valore, una tradizione o un patrimonio da una generazione all’altra all’interno della stessa famiglia. I genitori hanno l’opportunità di lasciare, ma anche di modellare, la maggior parte delle abitudini nei loro figli. Un recente studio, condotto dalla Aston University, ha evidenziato nello specifico quanto le scelte alimentari di padri e madri potessero ricadere sui vissuti dei figli. In particolare i ricercatori hanno domandato a un campione di genitori di valutare il proprio comportamento alimentare e ha analizzato le correlazioni tra queste modalità con quelle dei loro figli. I profili alimentari estrapolati dalle risposte raccolte sono stati: il profilo alimentare tipico (typical eating) riferito dal 41% del campione, caratterizzato dall’assenza di condotte alimentari estreme e disregolate; il profilo alimentare avido (avid eaters) riferito dal 37% del campione, caratterizzato dalla tendenza a mangiare in risposta a segnali esterni e a stati emotivi; il profilo alimentare emotivo (emotional eaters): riferito dal 15% del campione, caratterizzato da agiti alimentari attivati come modalità di coping disfunzionale degli stati emotivi; il profilo alimentare evitante (avoidant eaters): riferito dal 5% del campione, caratterizzato dall’evitamento e/o dall’elevata selettività degli alimenti che vengono assunti e/o da uno scarso piacere nel consumo di cibo. I risultati indicano un’associazione diretta tra i comportamenti alimentari dei genitori e quelli dei figli; in particolare tale associazione è risultata essere più marcata nel caso dello stile alimentare genitoriale avido ed evitante. Inoltre i genitori, con stile avido o emotivo, sono risultati anche come più portati a utilizzare il cibo per quietare e consolare il bambino; il quale, a sua volta mostra di interiorizzare e di riprodurre abitudini alimentari nel tempo sempre più simili. Si tende quindi a trasmettere a livello intergenerazionale una strategia di regolazione emotiva disfunzionale. Dai dati raccolti è emerso anche che nel momento in cui il genitore, seppure caratterizzato da stile avido o emotivo, propone una dieta bilanciata, e in cui il cibo non risponde al bisogno di regolare stati emotivi del bambino, il figlio presenterà minori probabilità di riprodurre un comportamento alimentare disfunzionale. E’ evidente che i genitori esercitano un impatto diretto, e indiretto, sulle abitudini alimentari dei figli, adottare un approccio consapevole, coerente e positivo può favorire lo sviluppo di sane abitudini alimentari durature, contribuendo anche alla prevenzione di problemi di salute legati all’alimentazione, come l’obesità o le carenze nutrizionali o altro.

Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta