“Aeroporto, quale…pista da imboccare?” Adam Smith e Giorgio Pasetto: “Il momento è solenne, la politica deve intervenire”

Che vogliamo fare del Catullo? Se lo chiedono Nicola Fiorini, presidente dell’Istituto Adam Smith e Giorgio Pasetto, presidente dell’Area Liberal (nella foto). “Lo stato dell’arte è noto ma per comodità di chi legge vale la pena riassumerlo”, dicono. “Da alcuni anni la società di gestione (Aeroporto Valerio Catullo SpA) ha due soci di riferimento. Il primo si chiama Aerogest Srl e possiede circa il 47%. Il secondo si chiama Save SpA e possiede oltre il 41%. Save è un operatore privato che gestisce con successo gli aeroporti di Venezia e Treviso. Aerogest è una società finanziaria in cui quattro enti pubblici hanno raggruppato le loro partecipazioni nel Catullo per mantenere un peso nel governo dello stesso. Si tratta di tre enti veronesi (la Camera di Commercio, la Provincia e il Comune di Verona) e della Provincia di Trento. Tra Aerogest e Save vige un accordo (il patto parasociale), in base al quale la seconda, pur pesando meno in termini di capitale, esprime l’amministratore delegato e quindi in sostanza gestisce l’aeroporto. Questo accordo, da tempo scaduto, è stato prorogato più volte per brevi periodi, in attesa che i soci di Aerogest risolvano i loro problemi che, come vedremo, sono molteplici. Per inciso, il patto parasociale non è un documento pubblico e ciò che si conosce sui suoi contenuti è solo quanto apparso in questi anni sulla stampa locale. Troviamo assai discutibile che una società pubblica stipuli dei patti parasociali che per loro natura rimangono riservati e che quindi si sottraggono al pubblico scrutinio. Come minimo, è necessario che se ne preveda espressamente la pubblicità. Chiediamo pertanto all’amministratore unico di Aerogest di rendere pubblico il patto”. “Aerogest è una società a fine corsa. Lo è perché una legge dello Stato prevede la liquidazione per le società pubbliche senza dipendenti. Ma lo è soprattutto perché non ha le risorse finanziarie richieste dalle circostanze. Il Catullo è in crisi a causa della pandemia e necessita con urgenza di un aumento di capitale. Certo i soci pubblici potrebbero ricapitalizzare Aerogest e darle la possibilità di sottoscrivere l’aumento di capitale del Catullo, conservando quindi la maggioranza relativa. Ma questi soci non possono o non vogliono farlo, come confermato ufficialmente nell’audizione della Commissione bilancio. A questo punto l’aumento di capitale verrebbe sottoscritto pressoché integralmente da Save, che così conseguirebbe l’obiettivo da sempre dichiarato di diventare il socio di maggioranza e dominus dell’aeroporto di Verona. In altri termini, siamo alla vigilia della definitiva e completa privatizzazione del Catullo”. “È del tutto evidente che il compito dei soci di Aerogest non è quello di stendere un tappeto rosso davanti a Save. L’interesse pubblico esige che il 47% del Catullo venga venduto al miglior offerente, mediante una procedura d’asta. Sarà Save il miglior offerente? Non c’è problema. Ma è un dovere morale e giuridico valorizzare al massimo il patrimonio dell’ente pubblico, a maggior ragione ora che la privatizzazione è già nei fatti. Invece non sarà così, perché la storia non insegna niente. L’intenzione dei soci pubblici è quello di andare allegramente in minoranza e non incassare un euro, perché rimanendo in società potranno “avere un controllo sullo sviluppo dell’aeroporto e garanzie sugli investimenti da effettuare”. Ma come? Non siete riusciti a farlo quando eravate soci di maggioranza relativa e dovreste invece farlo in futuro quanto non conterete un bel niente? E chi risponderà del fatto che una partecipazione di minoranza vale notevolmente meno di una di maggioranza? A quando il prossimo aumento di capitale che vi renderà ancora più irrilevanti?” “Le uniche garanzie che i soci pubblici riusciranno ad avere sarà quella di qualche presenza ben remunerata all’interno degli organi del Catullo. Questo è il vero “bene comune”. Ed è particolarmente triste vedere gli imprenditori veronesi, tramite la “loro” Camera di Commercio, comportarsi né più e né meno come i politici che non cessano di criticare”.