Nei centri storici di tutta Italia spariscono i negozi. Le attività commerciali si riducono sempre di più, come scrive il Corriere della Sera, sul territorio nazionale. E anche Verona non è esente da questo fenomeno di decommercializzazione. ma perché? Cosa sta accadendo? E quali sono le attività che resistono? In 12 anni, scrive il Corriere, sono spariti in Italia 118 mila esercizi. Crollano librerie, edicole, negozi di giocattoli, di abbigliamento, ferramenta. Tutti articoli, tra l’altro, che si possono comperare on line e questo non è un elemento da poco. Ogni ora spariscono quattro negozi in Italia. Ma se guardiamo al 2024 c’è stata un’accelerazione. Hanno chiuso le loro attività 61.634 commercianti, con sole 23 mila nuove aperture. In 12 anni in Lombardia si sono persi il 24 per cento dei negozi. E molte di queste chiusure riguardano i centri storici sia perché qui gli affitti sono più cari, sia perché i centri storici si stanno spopolando di residenti e certi generi come ferramenta o giocattoli non sono interessanti per i turisti, rimasti ormai i soli a popolare il cuore delle città d’arte. Inoltre, la gente non ha più soldi e il potere di acquisto degli italiani è in caduta libera da anni. Ma a Verona che succede? La Cronaca di Verona lo ha chiesto a Confcommercio che conferma il fenomeno, reso ancora più grave dalla chiusura h24 della Ztl. “Il fenomeno della ‘decommercializzazione’ è purtroppo reale anche a Verona, complice una serie di fattori, molti dei quali comuni alle città italiane, altri specifici della nostra città: aumento dei costi delle materie prime, affitti elevati, politiche urbanistiche che non favoriscono l’accesso ai centri storici, concorrenza dei poli commerciali esterni, burocrazia asfissiante, concorrenza sleale da parte dei colossi dell’ecommerce, cambiamento delle abitudini di consumo e calo dei medesimi a causa di un minor potere d’acquisto, difficoltà a reperire personale qualificato e non disposto a rendersi disponibile negli orari e nei giorni di apertura delle attività commerciale e dei pubblici esercizi”, sottolinea il presidente di Confcommercio Verona Paolo Arena.
La mannaia sui negozi al dettaglio. Verona è 61° tra i Comuni italiani che hanno perso il maggior numero di esercizi (-23%)
“Le chiusure di negozi in posizioni strategiche e nel centro città stanno causando una desertificazione commerciale e il venir meno di servizi essenziali per una popolazione la cui età media è in costante aumento. Questo è particolarmente allarmante considerando il trend attuale di conversione: da rete al servizio dei cittadini, a rete per un turismo mordi e fuggi: un turismo per il quale siamo impegnati in prima linea per un innalzamento del livello qualitativo”, aggiunge il direttore generale Nicola Dal Dosso. Alcuni dati: la possibilità di avere un negozio alimentare a portata di mano sta diventando un lusso per i residenti di Verona secondo l’indice di accessibilità ai servizi realizzato nell’ambito del progetto Urban Pulse 15 dal Centro studi delle Camere di Commercio Tagliacarne, in collaborazione con Il Sole 24 Ore. L’indagine colloca Verona al 76° posto su 107 capoluoghi italiani. Verona, ancora, è al 61mo posto nella graduatoria di tutti i Comuni italiani che hanno perso il maggior numero di negozi al dettaglio tra il 2012 e il 2024, con un calo del 23,3%. E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne aggiornati a giugno dello scorso anno. Si tratta di una ricerca sull’evoluzione delle attività commerciali, dell’alloggio e della ristorazione, nelle città italiane negli ultimi 12 anni. Nel comune capoluogo, per il commercio al dettaglio fuori dal centro storico, a giugno 2024 operavano 1.209 imprese contro le 1.486 del 2019 e le 1.648 del 2012. In centro storico, sempre a giugno 2024, le aziende erano 565 contro le 635 del 2018 e le 713 del 2012. “In questo difficile contesto, va detto che il terziario prosegue la sua evoluzione con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi – commentano Arena e Dal Dosso – a dimostrazione, comunque di vitalità e reattività. Occorre tuttavia sostenere le attività di vicinato con azioni sinergiche tra amministrazione e associazioni di categoria: il progetto Cities di Confcommercio nazionale punta a riqualificare le economie urbane con il contributo di istituzioni e imprese. Perché se il centro del capoluogo patisce il fenomeno, di certo i centri dei comuni della provincia non sorridono”.
MB