Arena, i dubbi amletici dei lavoratori Per sostenere la riapertura del Teatro Filarmonico dopo la pandemia da Covid

Foto di Renzo Udali

L’incipit del monologo di Amleto calza come un guanto sulla situazione attuale di Fondazione Arena di Verona. Essere una Fondazione lirico-sinfonica che diffonde l’arte musicale educandone la collettività per 12 mesi all’anno, o divenire ….altro? I lavoratori, ad oggi senza alcuna garanzia lavorativa dopo 3 mesi di forzata incomprensibile Cassa Integrazione, gridano il loro bisogno di ricominciare dall’arte musicale dalla quale a malincuore si sono dovuti allontanare il 23 Febbraio scorso. É stato questo il tono della manifestazione dei lavoratori della Fondazione lirica Arena di Verona che si è tenuto in Via Roma e Via dei Mutilati a sostegno della riapertura del Teatro Filarmonico a seguito della pandemia COVID 19. Dalla fine di maggio i Teatri si possono aprire per le attività preparatorie e le prove (gli spettacoli con pubblico sono autorizzati dal 15 giugno), ma la Sovrintendente Gasdia, si legge in una nota dei sindacati, non ha pianificato ancora alcun tipo di attività per la ripartenza del Teatro Filarmonico, continua a tenere tutti i lavoratori in Cassa Integrazione e si occupa solo del progetto areniano “Nel cuore della musica”, sebbene per esso manchino ancora le imprescindibili autorizzazioni e i relativi protocolli. L’unicità descritta dai vertici della Fondazione Arena rispetto agli altri Teatri si vede solo nell’uso ininterrotto e ingiustificato della Cassa Integrazione e nell’utilizzo dei soldi pubblici non per ripartire da una programmazione capillare sul territorio quale mezzo di trasmissione culturale, ma solo per poche serate “vetrina”, funzionali in tutta evidenza ad un progetto altro e non certo all’assolvere le finalità istituzionali di una Fondazione lirica. In tutta Italia le Fondazioni liriche (Trieste, Venezia, Torino, Genova, Bologna, Napoli, Roma, Palermo) stanno organizzando, come è loro compito, il rientro artistico in Teatro con una programmazione che consenta, in streaming o con pubblico, la piena occupazione in totale sicurezza. A Verona si parla solo di mini-stagione all’Arena e solo in termini demagogici.
Chiedono per i lavoratori il diritto al lavoro e allo stipendio pieno sancito da una programmazione artistica, che ad oggi è inesistente, forse proprio per comprimere in maniera strumentale il costo del lavoro. La Sovrintendente ha dichiarato che la stagione di agosto verrà interamente sostenuta dall’intervento della città, ma allora come vengono destinati i quasi 15 milioni di euro di soldi pubblici oltre che per i due mesi scarsi di attività effettuata prima dell’emergenza?