Baby influencer, i rischi del fenomeno Il pericolo oggettivo è che siano a tutti gli effetti dei lavoratori, il più delle volte inconsapevoli

Il fenomeno dei baby influencer, ossia dei bambini protagonisti dei social media, attraverso contenuti creati o gestiti dai genitori, funziona economicamente perché si tratta di testimonial che parlano direttamente ai loro coetanei (la Generazione Alpha, che comprende i nati tra il 2010 e il 2020) che fruiscono già di contenuti digitali e che sono quindi facilmente influenzabili da quel che i loro “pari digitali” propongono all’interno di video, post, stories.
Il fenomeno, sempre più incalzante e diffuso, sta suscitando una crescente attenzione per le diverse e possibili implicazioni psicologiche, legali e sociali a danno del minore. Essendo quello dell’influencer un lavoro a tutti gli effetti sia in termini di tempo impiegato, per la produzione e la pubblicazione dei contenuti, che in termini di guadagno economico il pericolo oggettivo è che i baby influencer siano a tutti gli effetti dei “baby lavoratori” e il più delle volte inconsapevoli.
I minori possono essere quindi soggetti a sfruttamento economico, da parte di familiari e aziende, essendo fonte di guadagni che possono andare a discapito dei loro diritti e delle loro esigenze.
I ragazzini, coinvolti in attività da baby influencer, possono sperimentare esperienze premature e lontane dal mondo dell’infanzia che inevitabilmente andranno a influenzare la loro crescita personale.
La smodata esposizione ad ambienti digitali in cui vigono regole di comportamento e di relazione oggettivamente distanti dalle modalità di interazione dei piccoli, può portare a una confusione legata ai ruoli, alla comunicazione e soprattutto a una “media education” viziata dalla necessità di “performare” e apparire sempre e al meglio.
I bimbi, sottoposti a sovresposizione mediatica, possono sperimentare ansia e frustrazione a causa della sensazione di impotenza e assenza di controllo sulle informazioni e immagini condivise che li riguardano.
L’esposizione costante sui social può scaturire insicurezze, soprattutto nelle bambine e aumentare il rischio di bullismo e cyberbullismo. I contenuti condivisi online possono divenire infatti facili oggetto di scherno da parte dei coetanei e ricadere negativamente sull’autostima del minore coinvolto.
L’esposizione sui social può portare nel tempo a importanti conflitti tra genitori e figli, quando questi ultimi crescendo si rendono conto della sovraesposizione mediatica subita.
La condivisione di contenuti del bambino può infatti violare i suoi diritti alla privacy e influenzare la sua reputazione digitale futura.
Le informazioni condivise online possono, non da meno, essere pericolosamente utilizzate da malintenzionati per adescamento o altri scopi illeciti. In Italia, si stanno sviluppando iniziative per regolamentare il fenomeno dei baby influencer, al fine di tutelare i diritti dei minori e garantire loro una maggiore protezione online. Tuttavia, è fondamentale che i genitori riflettano attentamente sulle possibili implicazioni legate a queste pratiche di guadagno e valutino accuratamente i rischi che possono comportare.

*Sara Veronica Rosa, psicologa e psicoterapeuta