Il blocco dei veicoli Euro 5 dal primo ottobre come misura antismog sta provocando un terremoto di reazioni politiche ed economiche, come se la pessima qualità dell’aria del bacino padano si scoprisse solo ora. Eppure si tratta di un provvedimento sottoscritto e deciso ancora nel 2020 proprio da quelle Regioni che ora protestano. Oppure si dà la colpa all’Europa che è sempre la matrigna cattiva per qualunque cosa. Ma perché invece non si apre un dibattito concreto su quello che si può fare davvero per contenere lo smog in pianura padana? Per esempio perché nei momenti peggiori di allerta rossa non si riduce la velocità sulle autostrade come la A4 e la A22 visto che gli esperimenti hanno dato risultati positivi? Perché non si controllano le migliaia di Tir che arrivano da tutta Europa con scarichi vecchi e attraversano a piena velocità i territori urbani della pianura padana? Perché ogni misura, ogni provvedimento, può essere impopolare e quindi va bene così. Vediamo un po’ le diverse posizioni. Per esempio, Giulio Saturni urbanista, esperto di mobilità e assessore del Comune di Negrar, spiega: “Ogni anno, nella Pianura Padana si contano decine di migliaia di morti premature causate dall’inquinamento atmosferico. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), si stimano circa 60.000 decessi in Italia, di cui almeno la metà concentrati proprio in questa porzione densamente urbanizzata del Nord. I dati parlano chiaro: secondo una ricerca commissionata dalla Fondazione Veronesi, sei casi di asma su dieci nei bambini nelle città padane sono riconducibili all’esposizione a biossido di azoto (NO2) e particolato fine. A fronte di questa emergenza sanitaria cronica, l’Unione Europea da oltre un decennio sollecita misure concrete per ridurre le emissioni. Tra queste, la progressiva eliminazione dei veicoli diesel più inquinanti – da Euro 0 a Euro 5 – è uno dei punti chiave”. E il fatto più rilevante da ricordare è che “Le regioni del Bacino Padano (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), già dal 2020, hanno inserito nei propri piani aria (PAIR) il blocco degli Euro 5 diesel a partire dal 1° ottobre 2025”. E allora perché adesso tutta questa sorpresa? “L’impressione diffusa è che questi provvedimenti siano stati adottati più per evitare sanzioni europee che per reale convinzione. Si tratta di un approccio miope, -prosegue Saturni – che continua a trattare la questione ambientale come un obbligo burocratico e non come una priorità politica e sociale. Chiedere oggi un semplice rinvio del blocco è sbagliato”. E allora che si fa? “Piuttosto, si dovrebbe subordinare un eventuale rinvio all’impegno vincolante di governo e regioni a definire un piano credibile di transizione verso una mobilità sostenibile, che offra ai cittadini vere alternative all’uso quotidiano dell’auto privata. Tra le misure da attuare immediatamente, si potrebbero prevedere: 1. un aumento strutturale dei fondi per il trasporto ferroviario regionale, tramviario e metropolitano, stabilizzando gli investimenti previsti dal Pnrr per infrastrutture verdi (tramvie, ciclovie, linee ferroviarie) e individuando nuove risorse, ad esempio destinando una parte degli utili derivanti dalle concessioni autostradali; 2. una piena integrazione tra trasporto locale e ferroviario, attraverso l’istituzione di un biglietto unico gomma-ferro, che semplifichi l’accesso al servizio e favorisca l’intermodalità; 3. incentivi mirati all’acquisto di abbonamenti annuali al trasporto pubblico, per sostenere la scelta di chi decide di spostarsi ogni giorno senza auto privata; 4. Favorire interventi di rigenerazione urbana attorno ai principali nodi ferroviari, promuovendo la creazione di nuove stazioni integrate con servizi, uffici e spazi per l’interscambio modale, in modo da rendere la rete più capillare, funzionale e attrattiva”.
Quanto pesano le lobby industriali. Ma c’è chi chiede di non penalizzare i cittadini con questi divieti imposti dall’alto
Al di là di questi investimenti nelle infrastrutture che richiedono decenni per essere realizzati, c’è però nell’immediato la protesta degli automobilisti che ritengono molto classista questo divieto perché costringe molti a dover cambiare vetture che non hanno poi molti anni di vita. Ma chi se lo può permettere con i prezzi alle stelle delle auto nuove? “Questa azione, se non adeguatamente accompagnata, può apparire molto classista. Chi di noi non vorrebbe avere un’auto ultimo modello? Però vorrei sottolineare – osserva Saturni – che l’Italia, infatti, è tra i Paesi più critici nei confronti della transizione ecologica. Vogliamo domandarci il perchè? La decisione di bloccare la circolazione dei veicoli Euro 5 non è certo una sorpresa. Era nota da tempo e tutte le Regioni padane ne erano pienamente consapevoli: molte lo avevano già previsto nei propri PAIR (Piani di Azione per l’Aria). Il punto, dunque, non è tanto “se” applicare certe misure, ma “come” e “quando” farlo. Invece di attendere che le decisioni piovano dall’alto per poi lamentarsene, serve anticiparle con intelligenza, autorevolezza e lungimiranza. Siamo il Paese con il parco auto più vecchio dell’Europa occidentale e, allo stesso tempo, quello con il più alto numero di auto per abitante. Possibile che questo non ci faccia riflettere? L’inefficienza dello Stato e delle Regioni in materia di mobilità si traduce in un costo diretto per noi cittadini, che si vedono costretti ad avere due o tre auto a famiglia. E intanto evitiamo di affrontare seriamente la vera questione: vogliamo o no discutere del diritto alla mobilità? Infine, c’è una questione demografica che non possiamo più ignorare: la popolazione italiana sta invecchiando rapidamente. In che modo pensiamo di costruire un sistema di mobilità sostenibile ed equo, se non partiamo oggi da una visione chiara e inclusiva del futuro? Non possiamo più permetterci – conclude l’urbanista- di rincorrere le emergenze o lamentarci delle conseguenze. È tempo di visione, di responsabilità e di politiche pubbliche degne di questo nome. Il blocco degli Euro 5 non deve essere vissuto come un’imposizione, ma come un’occasione per cambiare paradigma. Continuare a rinviare significa accettare l’inerzia, e con essa, migliaia di vite compromesse ogni anno. L’alternativa è investire, con decisione, nel diritto alla salute e alla mobilità di tutti”. Ma dalla politica arrivano segnali diversi che guardano all’immediato. Dice il consigliere regionale Stefano Valdegamberi: “Le condizioni orografiche e climatiche rendono strutturalmente difficile – se non impossibile – rispettare i rigidi parametri fissati da Bruxelles, indipendentemente dal numero di veicoli in circolazione. La presenza e il peso delle lobby industriali nelle decisioni dell’Unione Europea non sono un mistero, così come non lo è il giro d’affari che si cela dietro la sostituzione forzata dei veicoli. In un’epoca in cui tutto è certificato “green”, ci chiediamo se l’unico colore che conti davvero sia sempre e solo quello dei soldi”. A Valdegamberi potrebbe rispondere Legambiente: “E’ la politica nazionale e regionale dello scarica barile che da decenni danneggia i cittadini della pianura padana: con i soldi dei contribuenti si finanzia il Ponte sullo Stretto mentre per evitare le 50mila morti premature dovute alla scarsa qualità dell’aria non si stanzia nulla”. Anche la capogruppo in Consiglio comunale Patrizia Bisinella chiede però di non penalizzare i cittadini con questi divieti. E arriva infine il ministro Salvini che ha ribadito l’intenzione di inserire nella legge di conversione del decreto infrastrutture un emendamento per evitare il blocco dei veicoli diesel euro 5 attualmente previsto il 1 ottobre in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto aprendo anche alla possibilità di individuare misure alternative che garantiscano analoghi effetti sulla qualità dell’aria senza bloccare le auto, penalizzando famiglie e imprese. MB