“Call my agent’’ e la dura vita delle star Una remake in chiave nostrana della versione francese. Celebrazione del cinema italiano

Roma, epoca post-covid: il cinema continua a regnare sovrano, ma questa volta i riflettori sono puntati sugli agenti delle grandi star. In particolare, protagonista di questa nuova, attesissima serie targata Sky è la vita caotica degli agenti della “CMA”, fittizia agenzia che pilota la carriera di numerosi attori, registi e altri volti noti dello spettacolo.
La vicenda prende le mosse da un atto di disperazione molto contemporaneo: stanco di una vita di corse, meeting su Zoom e social media pressanti, il fondatore Claudio Maiorana decide improvvisamente di trasferirsi a Bali. Rimasti soli, gli instancabili agenti Lea, Gabriele, Vittorio ed Evira si vedono costretti a tour de force incredibili per tenere a galla l’agenzia e soddisfare tutte le necessità delle grandi star che, in cambio, trovano sempre il modo di rendergli la vita un inferno.
I remake in chiave nostrana comportano una certa dimensione di rischio. Sempre. Figuriamoci quando si tratta di rivisitazioni di format di successo planetario, come nel caso di “Call-my agent Italia”, format che deve gran parte del suo DNA al suo genitore francese “Chiami il mio agente!” (in onda prima solo sulle reti francesi, poi approdato su Netflix).
Non stupisce, dunque, che la la notizia di una vesione italiana abbia inizialmente fatto discutere: i puristi storcevano il naso difendendo la sacralità dell’originale francese, mentre i cinici lamentavano ¬¬la mancanza d’ispirazione dei nostri prodotti audiovisivi; una piccola fetta di curiosi, infine, si dichiarava ottimista nei confronti del potenziale della serie. Quale delle tre fazioni aveva ragione? Oggi, dopo aver visto i primi quattro episodi – gli ultimi due andranno in onda su Sky Uno e saranno disponibili su NOW da venerdì prossimo – possiamo tranquillamente rispondere: in parte tutti e tre. Ma gli ottimisti ci hanno visto lungo.
È innegabile che Call my Agent – Italia deva molto – anche troppo – alla mamma française: la trama è fedelissima, le dinamiche attore-agente pure, i personaggi si somigliano persino fisionomicamente. Tuttavia, sin dal primo episodio è evidente che, raschiando la superficie, l’anima dei due format sia molto differente. Prima di tutto c’è una differenza nel tono: al sentimentalismo francese che conferisce al cinema un’aura romantica noi rispondiamo con un umorismo scattante, tagliente, “molto italiano” (come affermerebbe chi conosce bene “Boris”).
A rafforzare l’ironia – e la buona riuscita della serie – è l’evidente volontà di celebrare la storia del cinema italiano: la settima arte permea ogni frame della serie, contraddistinguendo ogni battuta, ogni scenografia, ogni espediente narrativo. La cosa si fa ancora più interessante se ad essere protagonisti di questi quadri esilaranti sono le stesse star, che si mettono in gioco interpretando se stessi e mescolandosi alla perfezione al resto del cast. Da Paolo Sorrentino a Pierfrancesco Favino, passando per Paola Cortellesi e Matilda De Angelis, Call my Agent – Italia ci regala un’efficace e divertente compendio del nostro panorama cinematografico.

 

Voto: 9

Martina Bazzanella