Ciao Macola, non dev’essere un caso Non avrebbe mai sopportato lo smacco della scomparsa del “suo” Chievo dal calcio

A pensarci bene, non dev’essere proprio un caso che il “vecchio” Macola se ne sia andato così. Adesso. Un po’ in sordina. Adesso che il “suo” Chievo non c’è più. E’ come se l’eterno Macola avesse deciso che il suo compito, qui, fosse ormai esaurito. “Cossa ghe stago a far, qua?”, avrebbe detto. Senza più allenamenti da vedere, lavagnette da alzare, consigli da dare, saggezza da distribuire, battute da regalare.
Lui sì, ha segnato un’epoca, ma forse è pure poco, metterla giù così. Lui, il Chievo, l’ha proprio vissuto da lontano. S’è seduto in panchina, con Barbi e Baruffi, con Ciccolo e Malesani, con Baldini e Beretta, con Delneri e Corini, Di Carlo e Sannino, Maran e D’Anna. Ha attraversato sessant’anni di Chievo, dai Dilettanti alla serie A, con la stessa eleganza, la stessa nobiltà, la stessa semplicità. Gli volevano bene tutti, impossibile non farlo. Se tirava brutta aria, dopo una sconfitta, in spogliatoio, o sul pullman, ogni tanto toccava a lui “tajar l’aria”. Perchè al Macola si perdonava tutto, anche una “battuta in fuorigioco”, nessuno poteva farla, lui sì. Ha vissuto la serie A come fosse ancora Prima Divisione. Ha parlato con Rizzoli e Collina, come fossero gli arbitri della serie D. Elegante, sempre a posto, il ciuffo in ordine (lacca? ma quanta lacca?), la cravatta in tinta, le scarpe lucide, sempre tirato “a malta fina”.
Era lui, Macola. Piombava a Veronello, a metà settimana. “Come vala?”. Guardava l’allenamento, due battute col Pres, due col mister, quattro col bomber. A lui era tutto permesso. Era Macola, caspita, mica uno qualunque. E al sabato sera, in ritiro, chi giocava a carte col bomber Pellissier? Il tavolo era a quattro, lui, Pellissier, il magazziniere Castorani e un quarto a scelta. “Tanto, venso mi, testina” diceva lui, abile (qualche volta) anche a fare delle magie con le carte. “Mi no ‘nbroio miga” scuoteva la testa senza scombinare i capelli, uno dei suoi vezzi.
E’ stato un grande, forse senza saperlo e senza tirarsela affatto. Veniva da un altro calcio, il Macola. Anzi, da un altro mondo. Fatto di cose semplici, vere, pulite. Forse, negli ultimi anni, qualcosa gli era sfuggito, un po’ per l’età, malandrina, un po’ perchè certe cose non erano più le sue. Come se questo calcio impazzito e questo Chievo “altro da sè”, lo respingessero un po’.
No, non dev’essere un caso che negli ultimi anni avesse pagato un prezzo altissimo a una malattia cattiva, che ti toglie il contatto con la realtà. Ma forse era tutto previsto, tutto calcolato. Non ha visto, così, l’ultimo Chievo. No, il “vecchio” Macola non l’avrebbe mai sopportato.

Raffaele Tomelleri