Da animali a dei, storia dell’umanità Il best seller internazionale di Harari impone riflessioni sul concetto di progresso

Nel 2014 è stata pubblicata l’edizione italiana del bestseller internazionale ad opera di Yuval Harari Sapiens. Da animali a dei. Breve storia dell’umanità.
Questo libro, opera dello storico israeliano che negli ultimi anni ha attirato l’attenzione della comunità internazionale dei lettori ed è divenuto una celebrità, intervistato su ogni tema, ambisce nella volontà dell’autore a tracciare una storia dell’umanità nei suoi più importanti passaggi, rivoluzioni, scoperte e modalità di associazione. Il libro, pur non esente da imprecisioni storiche – certo ovvie quando si tenta di condensare un progetto così altisonante in un unico libro –, è stato incredibilmente apprezzato.
Al di là delle inesattezze nei dati, non da ultime quelle relative a una visione elementare e non approfondita delle dinamiche evolutive che hanno portato al predominio sul pianeta della razza, appunto, Homo sapiens, è la prospettiva di Harari che colpisce, e che è per giunta sostenuta proprio da questi ritratti impressionistici dell’evoluzione umana. Harari è studioso di fama, attento all’ambiente, che sostiene attivamente iniziative in favore dell’ecologia, del progresso nella sanità e a tutela degli animali. Eppure, il suo libro si sottotitola Da animali a dei: qual è, quindi, la linea che corre sottotraccia lungo il suo pensiero?
Se l’uomo è, come è, parte di un ambiente, di un ecosistema che vive anche – e forse meglio – senza di lui, allora è apprezzabile lo sforzo di riequilibrio tra una preponderanza dell’attività umana e la delicatezza della natura.
D’altra parte, se si esalta la storia dell’umanità nel senso del progresso, la prospettiva non può che cambiare: il progresso umano è stato sinora costruito – soprattutto negli ultimi decenni, a una velocità disarmante – sulla base dello sfruttamento. La natura è ricca di risorse, persino altre popolazioni umane sono risorse da impiegare per permettere la delocalizzazione di industrie che soddisfano la sete incessante di quello che si è autoproclamato “primo mondo”.
Se gli uomini sono divenuti dei, sono certamente dei capricciosi, simili agli dei olimpici, impegnati a fomentare conflitti tra loro, consci che a pagarne le conseguenze saranno altri. Allora, la storia dell’umanità dovrebbe piuttosto diventare un regresso, se il progresso porta alla distruzione della natura, che l’uomo non deve proteggere semplicemente, ma deve proteggere da sé stesso.

EffeEmme