Dai banchi ecco l’outsider: Aldo Sala Diventa primo cittadino nel luglio del ‘90, ma resta in carica fino all’aprile 1993

Aldo Sala diventa sindaco di Verona nella notte fra il 30 e il 31 luglio 1990, al termine di un lunga e tempestosa seduta consiliare. Dopo le amministrative del 6 e 7 maggio, numerose riunioni fra le correnti democristiane avevano preceduto la sua elezione in consiglio comunale, avvenuta fra le contestazioni della corrente dorotea, forte delle oltre 12 mila preferenze del sindaco uscente Gabriele Sboarina, contro le 2.218 riportate dallo stesso Sala. Esponente della corrente Dc Solidarietà Popolare del senatore Gianni Fontana, Aldo Sala era stato presidente della circoscrizione Borgo Roma-Cadidavid nel quinquennio 1980-1985, poi consigliere comunale e capogruppo Dc. Eletto sindaco, Sala forma una giunta a tre, composta da Dc, Psi e Psdi; stessa formula viene usata in Provincia dal nuovo presidente, il socialista Alberto Fenzi. Da segnalare anche, per il Comune, l’ascesa della Liga Veneta, che raddoppia i seggi passando da 2 a 4 consiglieri e il successo dei Verdi con 5 rappresentanti, 3 dei Verdi Sole che Ride e 2 dei Verdi Arcobaleno. L’impegno prioritario della nuova giunta è il completamente delle opere in corso, avviate dalla precedente amministrazione grazie anche ai finanziamenti per i Mondiali di calcio di Italia ’90. Tra le opere da completare ci sono l’Interporto e i Magazzini Generali al Quadrante Europa, il futuro Centro Agroalimentare, l’area dell’innovazione alla Marangona, lo sviluppo delle manifestazioni fieristiche e il pieno utilizzo del nuovo Agricenter. E c’è da chiudere i cantieri dei sottopassi di Porta Nuova e Porta Palio, che non possono venire collegati tra loro per l’”ostacolo” dell’antica via Postumia, incrociata durante gli scavi. C’è da continuare a predisporre, inoltre, la variante al Prg con, al suo interno, il piano della grande viabilità. Per alleggerire la città dal traffico, si comincia a discutere su due possibili alternative: il traforo delle Torricelle o la strada Mediana a sud. Alla fine, come sappiamo, né l’uno né l’altra verranno realizzati. Alla metà del 1991 viene dato incarico all’urbanista tedesco Bernard Winkler di predisporre un piano per liberare dalla morsa del traffico il centro storico di Verona. L’obiettivo è quello di ridurre l’uso del mezzo privato, privilegiando il trasporto pubblico. Il piano viene testato, chiudendo al traffico il centro in alcune domeniche. Ma il piano del ”mago” Winkler, come viene soprannominato dai veronesi, in città suscita più malumori che consensi e viene ben presto lasciato da parte. L’Azienda municipale trasporti allunga la percorrenza dei Pollicini, i piccoli autobus con capienza massima di 35 posti, acquistati appositamente per circolare nel centro storico. Nello stesso periodo, Amt avvia anche il piano delle cosiddette “linee forti”, che potenziano il collegamento fra i quartieri e il centro cittadino. Negli ultimi mesi del 1992, la maggioranza politica che governa Verona comincia a scricchiolare: Sala trova l’intesa allargando la coalizione ai liberali e ai Verdi. Il primo dicembre del ’92 il consiglio comunale elegge la nuova giunta, guidata sempre dal sindaco Sala, nella quale entrano due assessori “verdi”, Giorgio Massignan e Luciano Corso e un liberale, Nicola Fiorini. Per la prima volta, come previsto dalla legge di riforma degli enti locali, la 142, entrano in giunta anche due assessori esterni: l’ingegner Giuseppe Nicolò (che negli anni successivi diventerà presidente di Agsm) e Gelindo Bordin, il maratoneta campione olimpico. Ma la nuova giunta avrà vita breve: dal dicembre 1992 all’aprile1993, quando Sala si dimette da sindaco e torna a sedersi fra i banchi dei consiglieri.

La maratona per definire lo statuto

Nel 1990 viene promulgata una legge, la 142, che cambia radicalmente l’ordinamento degli enti locali. Verona, al pari degli altri Comuni italiani, deve dotarsi di uno Statuto, che contenga le norme fondamentali per definire i compiti e i poteri di sindaco, giunta, consiglio comunale e circoscrizioni. Lo Statuto dovrà disciplinare inoltre l’organizzazione e le competenze degli uffici amministrativi e dei servizi pubblici. Tra la primavera e l’autunno del ’91, quindi, il dibattito in consiglio è monopolizzato dalla discussione sullo statuto comunale. I lavori vengono affidati dapprima ad una commissione consiliare, che non produce risultati efficaci. Anche il segretario generale Pier Giuseppe Bay presenta una sua proposta, che non convince. L’amministrazione affida allora il compito ad una commissione di esperti, coordinati dal docente universitario Gerolamo Sciullo, che elabora la bozza da sottoporre alle forze politiche in consiglio. Dopo un lungo dibattito e la discussione di numerosi emendamenti, il 10 ottobre 1991 il consiglio comunale di Verona approva il proprio Statuto.

Rossella Lazzarini