Dda e Dia a Verona, “Roma ci risponda”. L’assessore Zivelonghi rilancia l’allarme La proposta del Comune è finita nel silenzio della Capitale. “I parlamentari aiutino la città’. E l’ex presidente della Commissione Antimafia Morra: “Ma lo Stato vuole davvero combattere le mafie? Perché non aggiorna gli strumenti e lascia le armi spuntate?”

Per portare a Verona la Procura distrettuale antimafia e la direzione investigativa antimafia occorre fare di più. Dopo l’allarme lanciato su la Cronaca di Verona da Alessandro Naccarato già componente della Commissione parlamentare antimafia e componente dell’Osservatori della Regione contro la criminalità arrivano le reazioni e prese di posizione. Di chi chiede un maggior impegno per raggiungere questo obiettivo, come l’assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi e di chi ormai appare quasi sfiduciato, come l’ex presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, sempre attento a quello che accade sul territorio, il Veneto in particolare dove, aveva già detto nel 2019 in occasione di una visita nelle nostre province, non ci sono più infiltrazioni delle cosche, ma un vero e proprio radicamento delle famiglie malavitose. “Come amministrazione comunale stiamo portando avanti un grande impegnon su questo fronte e lo scorso anno abbiamo ripreso la proposta per avere a Verona un distaccamento di Dda e Dia presentando ufficialmente la richiesta tecnica a Roma. Risposte? No, per il momento non c’è stato seguito” dice l’assessora Zivelonghi. Ma l’appello lanciato ai parlamentari? “Confidiamo che i nostri parlamentari si facciano portavoce di questa esigenza della città, alcuni di loro che avevano promosso questa iniziativa sono ora vcini al Governo e mi auguro che lavorino per il bene della città che in questo modo vedrebbe rafforzasti gli strumenti investigativi e di indagine”, prosegue l’assessore. Che sottolinea un altro aspetto: “Nei mesi scorsi mi sono confrontata con vari mondi istituzionali ed economici cittadini e tutti auspicano che si arrivi a questo traguardo, ma ho anche percepito della sfiducia: non succederà mai, dicono. Ma non credo che le richieste mai prese in considerazione non possano un giorno essere esaudite se ci si crede fino in fondo”. “ Nel frattempo – prosegue – portiamo avanti sia come Comune che come ordine professionale dei commercialisti una serie di iniziative in linea con la consulta della legalità attivata dalla Camera di commercio, per alzare il livello di attenzione e di consepvolezza contro il pericolo di infiltrazioni malavitose. Tutto questo a tutela dell’economia sana della nostra città”. Città che, ricordiamo, è al primo posto nel Veneto per segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio secondo il report della Banca d’Italia, con un aumento annuo costante. “Questo aspetto è emerso anche negli ultimi convegni professionali: tante oeprazioni sospette alle quali però corrispondono poche segnalazioni da parte della Pubblica amministrazione”. Le segnalazioni infatti avvengono grazie alle banche e alle Poste. “C’è un disequilibrio di consapevolezza”, osserva Zivelonghi, “e siccome sono molti gli attori che giocano queste partite, va alzata la soglia di attenzione”. Ci sono i “facilitatori” o “apriporte”, più o meno consapevoli… “E’ raro che ci siano degli inconsapevoli, spesso sono consapevoli. Come ordine commercialisti abbiamo portato avanti un forte impegno in questo senso perché pur essendo pochissimi i casi, ma quando ci sono queste vicende spesso c’è qualche professionista coinvolto”. Pnrr e Olimpiadi sono un piatto ricco, che alletta gli appetiti di chi vuole lucrare e approfittare del denaro pubblico: come intervenire? “Dobbiamo essere coscienti che il rischio c’è sempre, perché il nostro è un territorio economicamente ricco, ma in questo momento storico c’è ancora più interesse da parte della criminalità organizzata per infiltrarsi nei grandi appalti. E l’abbinata grandi capitali (sono arrivo tanti milioni) e grande fretta per realizzare le opere può diventare pericolosa perché rischia di far saltare la catena dei controlli, che sono il presidio della legalità. Quindi, anche se questo può comportare qualche ritardo, è bene che la griglia dei controlli previsti venga rispettata, senza fretta”.

L’ex presidente dell’antimafia, Morra: “Lo Stato vuole vincere o no? Non adegua gli strumenti più efficaci per battere la criminalità: sono armi spuntate”

“Ma ormai lo Stato ha davvero voglia di combattere le mafie?”. la domanda, provocatoria arriva dall’ex presidente della commissione antimafia, Nicola Morra. E la proposta di portare a Verona una sede distaccata della Dda e della Dia presuppone quindi una vera volontà di arginare la criminaltà organzizata. “Se lo Stato volesse davvero combattere questa criminalità mafiosa, avrebbe modificato, come avevamo chiesto, il codice societario, il codice bancario, il codice degli appalti e il codice fallimentare. Altrimenti gli strumenti che abbiamo sono inadeguati rispetto alle capacità della malavita organizzata”. Perché? “Perché le mafie sono strutture, anzi agenzie, che offrono servizi al territorio a seguito delle inefficienze dello Stato. Per fare un esempio, i Casalesi che andarono alla sbarra negli anni scorsi e di cui si parla ancora ad Eraclea, facevano a Verona e a Padova riscossione crediti con una velocità molto maggiore dello Stato. La capacità di queste organizzazioni criminali è quella di inserirsi dove esistono le inefficienze dello Stato e in modo disonesto e criminale ottengono ciò che desiderano. Se il nostro ordinamento prevede per certi reati finanziari soltanto sanzioni pecuniarie perché il colpevole è incensurato, è chiaro che le mafie troveranno sempre un agnello sacrificale e si organizzano con gli incensurati. Tanto sotto i 4 anni di condanna non c’è pena detentiva”. Un’altra richiesta andata a vuoto, ricorda Nicola Morra, è stata quella del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Cafiero De Raho che alla commissione Giustiza della Camera “chiese un software unico per incrociare i dati delle Agenzie delle Entrate, dell’Inps, delle Camere di commercio e della Direzione nazionale antimafia per incrociare i dati. Nulla di fatto”. Quindi? “Quindi è evidente, come ha dimostrato il caso Montante, già presidente degli industriali della Sicilia, che è stato condannato in appello, la capacità di certi ambienti di infiltrarsi nei gangli vitali dello Stato. Sono convinto che la forza delle mafie debba essere individuata nella debolezza con cui le istituzioni preposte a combattere le stesse affrontano tale problema. Purtroppo il Sistema Montante, attraverso infiltrazioni nell’ambito delle forze di polizia, del giornalismo e della magistratura, ha dimostrato di potere indebolire questa azione di contrasto. E in intere zone del Paese non c’è più il controllo dello Stato”. Ma al Nord non è ancora così, c’è una forte azione di contrasto al radicamento della criminalità, no? “Andrebbero rafforzate le interdittive antimafia delle Prefetture ma gli stessi dati del Viminale dimostrano come si stiano riducendo gli atti dello Stato contro la criminalità economica. Criminalità che lavora ai fianchi, si infiltra, colonizza l’economia e se gli strumenti normativi non ci sono, io posso pure mettere la Dda e la Di ovunque ma con le armi spuntate che cosa riesco a fare? Ormai servirebbe una Commissione europea antimafia perché i traffici economici illeciti sono transnazionali, basta pensare ai traffici scoperti tra il Triveneto e la Slovenia per l’evasione sui carburanti. O all’inchiesta Petrolmafie in Calabria che ha portato a diciotto condanne per gli affari illeciti della ‘ndrangheta nel settore degli idrocarburi. Parliamo di 1 miliardo e mezzo di euro”.