“E’ sbagliato distanziare i due vaccini” Burioni è sicuro: “Il protocollo parla di 21 giorni tra l’uno e l’altro, perchè cambiare?”

“Non abbiamo idea delle conseguenze che possono portare delle modifiche di un protocollo, per cui io sono totalmente contrario, anche perché se si suscitasse una immunità incompleta si potrebbe favorire l’emergenza di una variante virale in grado di sfuggire al vaccino. Anche l’Fda (Food and Drug Administration, ente regolatore negli Usa, ndr) si è espressa in questi termini, così come altri autorevolissimi scienziati”.
Il professore Roberto Burioni boccia l’ipotesi di modificare – incamminandosi sulla strada su cui si stanno avviando tanti Paesi – la campagna di vaccinazione anti Covid, riducendo le dosi o allargando l’intervallo tra la prima iniezione e il richiamo. Per il virologo del “San Raffaele” di Milano, un esempio da non seguire.

La comunità scientifica è divisa, un articolo pubblicato sul sito della rivista “Nature” segnala che i dati sull’impatto dei cambiamenti adottati sono scarsi e molti ricercatori si chiedono se valga la pena correre dei rischi. In Italia prevale la linea del “no”. In un’intervista al Corriere della Sera, il professore Giuseppe Remuzzi ha proposto di iniziare a somministrare una dose a più persone, rinviando la seconda iniezione a 120 giorni dopo la prima. Ma l’orientamento del direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” sembra poco condiviso dagli scienziati italiani, che invitano a considerare i rischi che potrebbero derivare da indicazioni non contenute nei protocolli.
D’altro canto le indicazioni che provengono dalle approvazioni di Ema in Europa e Aifa in Italia sono di somministrare due dosi e nei tempi indicati. L’Oms raccomanda che la seconda dose venga iniettata entro 21-28 giorni dalla prima, e comunque non prima di 19 e non oltre 42 giorni dalla prima iniezione: oltre si va “fuori etichetta”, tra l’altro, ossia cadono le responsabilità del produttore.
Oltre a Roberto Burioni anche il virologo Massimo Clementi e l’immunologa Antonella Viola, respingono l’ipotesi di apportare modifiche. E ad HuffPost Italia spiegano perché.
“Sono contraria per le stesse preoccupazioni espresse dall’Fda. Non sappiamo quanto duri la protezione della prima vaccinazione, né che efficacia abbia. Non si modificano così i protocolli”, ha sottolineato la professoressa, ordinario di patologia del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova.
Per Clementi non si può prescindere dal fatto che “i vaccini a disposizione, e cioè quelli di Pfizer e Moderna, sono stati approvati sulla base di uno schema preciso, che prevede due somministrazioni, nel caso del farmaco Pfizer a distanza di 21 giorni l’una dall’altra. E dunque possiamo avere un atteggiamento creativo quanto vogliamo, ma se si deroga da quello schema approvato dagli Enti regolati rischiamo di avere risultati diversi, sicuramente non migliori. Se servisse a qualcosa – prosegue il professore dell’Università “San Raffaele” di Milano – potremmo valutare di portare da tre a quattro settimane l’intervallo tra le due dosi, ma non sono convinto che sarebbe utile. Somministrare una sola dose non mi sembra una buona idea e penso non sia neanche in linea con le regole della farmacologia. Credo che gli sforzi debbano concentrarsi sulla necessità di vaccinare tutti, a partire da chi ne ha più bisogno.