Verona sud, un’area maledetta. Nemmeno il colosso Eataly, la culla del gusto e delle eccellenze italiane è riuscito a sfatare la maledizione e a risalire il piano inclinato di un’area urbanistica che da sempre è in cerca di una identità, di uno sviluppo, di un’idea vincente che si dimostri feconda per l’economia e la città. Invece anche Eataly si arrende e si prepara a chiudere. E nella comunicazione arrivata dall’azienda in cui si dà notizia che nel piano di sviluppo sono previste nuove aperture in Italia e all’estero ma si chiude il punto vendita di Verona, si sottolinea che le previsioni di sviluppo e attrattività dell’area non si sono concretizzate. E le perdite sono cresciute di conseguenza. Di proprietà di Fondazione Cariverona, l’ex ghiacciaia dove erano state realizzate le celle frigorifere per i treni che arrivavano e partivano per l’italia e l’Europa, era stata restaurata dall’architetto Mario Botta e data in affitto a Eataly. Il progetto aveva avuto vita travagliata. In un primo tempo si pensava a un centro esclusivamente culturale e pubblico con un auditorium per concerti e altre iniziative per l’arte. Ma ben presto ci si rese conto che dal punto di vista economico una simile destinazione non sarebbe stata in piedi e partì la ricerca di un imprenditore privato che garantisse il pagamento di un affitto, un’entrata sicura. Quando Oscar Farinetti, patron di Eataly e sempre alla ricerca di testimonianze di archeologia industriale (a Torino Eataly e nell’ex fabbrica del Carpano, zona Lingotto Fiera), visitò la ghiacciaia con i suoi ambienti archeo-industriali, le serpentine per il ghiaccio e le testimonianze di un passato che fu, rimase folgorato e firmò il contratto di affitto con l’allora presidente di Fondazione Cariverona, Paolo Biasi. Ora la proprietà è del fondo immobiliare Verona Property, le cui quote al 99% sono in mano a Cariverona. Ed è già partita la ricerca di nuovi affittuari perché il prestigioso immobile va messo a reddito. Situata nella zona sud degli Ex Magazzini Generali e progettata dall’ ingegner Pio Beccherle (inaugurata nel 1930), la Rotonda è considerata tra i migliori esempi di archeologia industriale veronese, e per la sua epoca è stata la più grande struttura frigorifera d’Europa. I lavori di restauro sono stati particolarmente lunghi, perché la gigantesca struttura aveva necessità di importanti lavori di consolidamento delle pareti e sotto la guida dell’architetto Mario Botta è stata ripensata tutta l’area, compresa quella esterna con un nuovo giardino dove l’archistar avrebbe voluto realizzare un roseto, soluzione che venne poi accantonata per l’eccessivo costo di realizzazione e manutenzione. Uno schiaffo per Botta che in un incontro pubblico con l’ordine degli architetti non nascose la sua delusione (vedi la Cronaca di Verona del 28 settembre 2023). “Non aver fatto il roseto per me è stata una pugnalata tremenda” disse con rimpianto, rivelando che in origine “Gli obiettivi erano più alti” rispetto al risultato finale.
E’ rimasta solo la sede di Unicredit. Eppure davanti alla Fiera doveva nascere il Polo Finanziario. Un futuro da reinventare
Vale la pena riprendere un passaggio di due anni fa per capire la enorme scommessa di rilanciare un’area maledetta: “Rivitalizzare e reinventare Verona sud dal punto di vista urbanistico, coniugando la vocazione industriale con quella commerciale e funzionale è una sfida epocale per la città”, aveva detto Botta, che parlando del recupero degli ex Magazzini generali e della Rotonda, ribadiva che “la città non era pronta ad affrontare una pianificazione urbanistica di questo impegno e forse neanche una pianificazione economica, per trovare una vocazione per tutti questi volumi”. Infatti oltre alla sede di Unicredit negli ex Magazzini, poco altro si è riusciti a realizzare in questa zona tanto è vero che alla fine sono nati supermercati: quello di Eataly di lusso e poi il mega Esselunga poco lontano. Nonostante che per la Rotonda siano stati creati spazi per una galleria d’arte con esposizioni sia temporanee che permanenti (Earth, oltre mille quadrati per arte e fotografia) sia spazi per dibattiti, convegni, presentazioni di libri e così via. Ma lo stesso recupero architettonico firmato dall’archistar Botta aveva creato polemiche e spaccature all’interno del mondo degli architetti che avevano contestato il risultato finale. Per esempio nel marzo 2023 sul Giornale dell’architettura Alberto Vignolo scriveva che “Il recupero degli ex Magazzini generali, su progetto di Mario Botta, è un’altra (colossale) occasione persa per la città scaligera” e che la Rotonda con Eataly rappresenta “un’idea di città con la freschezza di uno yogurt scaduto”. Quello che doveva diventare il polo culturale della città, con un grande recupero architettonico, vede prevalere la logica di mercato (del cibo e dell’arte) e viene così “messo completamente da parte un approccio di tipo conservativo. “Dov’era come non sarà più”: mantenuta integralmente la sagoma dell’edificio, se ne è definitamente perduta la patina -scrive Vignolo la cui posizione è stata condivisa da una larga parte di architetti-, il cui ricordo è relegato alle immagini che scorrono sui video del piccolo Museo della ghiacciaia ricavato tra i settori del food market, con un superstite compressore tirato a lucido e odoroso di grasso. I consistenti lavori strutturali e impiantistici del progetto Botta-Modena hanno così restituito agli oltre 11.000 mq di spazi un carattere uniforme: grande luminosità, superfici murarie omogeneizzate da un intonaco granuloso, cemento e lamiere per le finiture industrial style. Con l’insistito tentativo di lasciare qualche segno qua e là, come le colonne circolari “bottiane” all’ingresso”. Ma non è tutto. Abbiamo visto dunque come quest’area non porti fortuna: sotto il profilo economico Eataly va verso la chiusura, sotto il profilo architettonico ci sono state contestazioni per il restauro e l’utilizzo finale, il progetto originario dell’auditorium è stato sottoposto a profonda trasformazione e poi… E poi qui, davanti alla Fiera, doveva nascere il Polo finanziario, quel grande progetto di unificazione dei gioielli finanziari di Verona che doveva raccogliere Cattolica Assicurazioni, Unicredit, Banco Popolare “per una città ad alto contenuto produttivo e di qualità” come aveva spiegato l’ex sindaco Paolo Zanotto alla Cronaca di Verona nel giugno 2024. Sappiamo poi come è andata a finire: è rimasta solo la sede di Unicredit. Le banche veronesi sono finite a Milano, Cattolica è in Generali e Verona sud è ancora alla ricerca di un futuro urbanistico che riesca a riqualificarla, reinventarla, rilanciarla sotto il profilo economico e della vivibilità. Perché lo sviluppo attrattivo di questa zona, come scritto da Eataly, non si è mai concretizzato. MB