Se entrate da Eataly in questi giorni rischiate di essere colti da un senso di tristezza, malinconia mista a delusione. Qui nell’ex ghiacciaia disegnata dall’ingegnere Pio Beccherle e reinventata da Eataly come tempio delle eccellenze gastronomiche regna il vuoto. La desolazione. Ci sono i saldi per la imminente chiusura di questa esperienza ma negli scaffali non c’è più nulla. È già stato portato via tutto. Trasferita in altri punti vendita tutta la merce. Che ne sarà di questo luogo iconico di Verona sud? Il contratto scadrà nel 2031 anche se Eataly del fondatore Farinetti ma ora di proprietà di Investindustrial che ha rilevato la maggioranza ha cambiato i piani e chiude i battenti. Questa vicenda è una metafora del vorrei ma non posso. Delle ambizioni che si schiantano contro i conti in rosso. L’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione. Era il 2014 quando l’allora presidente di Cariverona Paolo Biasi proprietario dell’ex ghiacciaia e Oscar Farinetti all’epoca guru di Eataly sottoscrivere il contratto di affitto. Quasi 20 mila euro al mese. Doveva essere un auditorium ma non si sarebbe mai ripagato visto che il restauro è costato decine di milioni. E allora via con l’uso commerciale. Quindi l’apertura e dopo un paio di stagioni la chiusura per i conti in rosso. Del resto come supermercato non poteva reggere la concorrenza del quartiere, come ristorante funzionava solo la pausa pranzo per chi lavora nelle vicinanze. Ma chi ha mai pensato di andare fino in Zai per una cena? Eppure Farinetti si diceva convinto come sempre del successo: tanto se gli va male lui cade sempre in piedi. «Lì abbiamo uno spazio enorme, 13 mila metri quadri, e non possiamo dedicarlo tutto al punto vendita – disse l’imprenditore Farinetti nel 2015 – l’idea è quindi quella di creare anche uno spazio da destinare all’arte, Verona è una città che lo merita. Il professor Sgarbi curerà quindi tre mostre ad Eataly». Mai successo. Sgarbi venne e non se ne fece nulla. Una conferma del vorrei ma non posso. Così come le faraoniche previsioni: Farinetti assicurava ricavi per 30 milioni l’anno. Hanno vinto le perdite però. E la nuova proprietà di Eataly ha deciso di chiudere. Ma il risultato adesso è che questa Rotonda non ha un futuro certo, ma purtroppo ha perso anche il suo passato. Come hanno già criticato molti architetti, il restauro dell’ex ghiacciaia ha snaturato il suo aspetto, trasformandola in un oggetto da carta patinata quando qui c’erano mercato, graffiti, teatro tenda e tanto altro ancora. I colori, le luci, il restauro non hanno restituito l’anima a questo edificio. E ancor meno l’arrivo di Eataly: doveva essere conservato un piccolo museo di archeologia industriale in un’ala dell’edificio: non c’è quasi nulla. La serpentina per refrigerare, i macchinari per il freddo, le zone di carico dei treni e così via. La sfida ora è doppiamente difficile: dare alla Rotonda un futuro e restituirle il passato che ha perso.
MB