L’astensionismo cresce? Gli elettori disertano sempre più le urne? Vanno a votare solo le rispettive curve dei tifosi e gli altri restano a casa?
Ai partiti va bene così. E infatti nulla fanno per aumentare la percentuale di votanti. Campagne elettorali sempre più brevi, scarsa possibilità di confronto e di coinvolgimento degli elettori, candidati scelti all’ultimo momento e via di questo passo.
Dopo che nelle elezioni regionali delle Marche c’è stato un calo del 10% di affluenza, in Calabria un altro 10% in meno e neppure un elettore su due è andato a votare (affluenza attorno al 42-43%), in Toscana si è registrato il record negativo del 47%, con una perdita secca di 15 punti rispetto al 2020, cosa ci dobbiamo aspettare per il Veneto che andrà al voto il 23 e 24 novembre?
Il lungo tira e molla sul candidato presidente del centrodestra, la telenovela non ancora conclusa su Zaia, gli scontri tra gli alleati FdI-Lega-Forza Italia, il centrosinistra che ha lanciato la volata lunga con il candidato Manildo: che effetti avranno sui veneti?
Lo abbiamo chiesto a un politologo di lungo corso, Paolo Feltrin, docente di Analisi delle politiche pubbliche all’Università di Trieste, già insegnante alle Università di Firenze e Catania. Conosce il Veneto in tutte le sue pieghe e sfumature.
Ed è proprio Feltrin a sostenere la tesi che l’astensionismo, alla fin dei conti, fa comodo ai professionisti della politica.
Professor Feltrin, ha visto il crollo dell’affluenza in queste regionali rispetto al 2020? Marche, Calabria, Toscana ai minimi storici…
«Devo dire innanzitutto che il confronto non andrebbe fatto con le elezioni del 2020, che si svolsero in periodo Covid, ma con quelle del 2015. E allora vediamo che il calo c’è sempre, ma non è così clamoroso. In Toscana nel 2015 l’affluenza era stata del 48,3%. È un calo che parte da lontano: nel 2010 era del 60,7%, nel 2005 del 71%. Possiamo dire che, a livello generale, il problema della scarsa affluenza nasce attorno agli anni Duemila».
Perché? Che cosa la determina?
«In particolare, la crisi del 2010 fa esplodere il malcontento nei confronti di chi governa e della politica, perché la gente si trova in difficoltà. Tuttavia, la mia impressione è che ai politici vada bene così…».
In che senso?
«La bassa partecipazione elettorale fa il loro gioco. Altrimenti avrebbero già dato vita a dei correttivi. Noi votiamo come nell’Ottocento: si deve andare fisicamente al seggio in orari prestabiliti. Altri Paesi hanno il voto online, oppure permettono all’elettore di avere anche un mese di tempo per votare, oppure c’è il voto postale. Nei Paesi dove ci sono questi sistemi alternativi, la partecipazione al voto è cresciuta. Negli Stati Uniti, la maggior parte degli elettori ha votato senza recarsi al seggio.
Nel caso delle regionali, per esempio, un election day — cioè un’unica data elettorale per tutte e sei le Regioni — avrebbe fatto partecipare al voto un po’ di gente in più. Perché in Italia non si fa così?»
Perché non conviene?
«Esatto. Perché una maggiore partecipazione al voto porterebbe inevitabilmente a una maggiore polarizzazione, e si manifesterebbe nelle urne un più ampio malcontento. E allora, questi elettori, meglio tenerli a casa.
L’elettorato di opinione sta a casa e vanno a votare le tifoserie, i fedelissimi, gli apparati. Così si va sul sicuro: si vota per blocchi e si sa già in anticipo quali sono i rapporti di forza. Si grida al pericolo dell’astensione, ma poi va bene anche così.
Un election day avrebbe creato più mobilitazione; invece, un’elezione dietro l’altra alla fine stanca e svuota anche il significato del voto. Senza il voto di opinione, senza l’elettore libero, eviti il timore del voto di protesta. Meglio andare sul sicuro. E, a pensar male, ci si azzecca».
Prevede un calo dell’affluenza anche in Veneto? Tutti questi ritardi sulla scelta del candidato del centrodestra, la partenza in ritardo della campagna elettorale influiranno sull’astensione?
«Mah, io credo che anche in Veneto l’astensione si farà sentire, perché è una tendenza generale. In Veneto l’affluenza è sempre stata un po’ più alta che in altre Regioni: nel 2020 è stata del 61,5%, ma nel 2015 era del 57%. Ecco, io mi attendo un’affluenza attorno al 55%. Se il dato del 23 e 24 novembre sarà più basso, allora sì, il problema c’è».
MB