Il Fratta-Gorzone è da decenni al centro di gravi criticità ambientali, con scarichi industriali, contaminazione da PFAS, metalli pesanti e pesticidi. Nonostante alcuni interventi parziali, non è mai stata attuata una bonifica efficace né definiti tempi certi per la completa risoluzione del danno, lasciando cittadini, comunità e produttori agricoli in una situazione di duplice ingiustizia: esposizione a rischi per la salute e per la qualità della vita, e costi scaricati sulla collettività, mentre le responsabilità industriali restano in gran parte non affrontate. Il bacino del fiume Fratta-Gorzone interessa le province di Vicenza, Verona, Padova e Venezia, sia direttamente in quanto l’asta principale del corso d’acqua attraversa questi territori – sia indirettamente, attraverso la fitta rete di fossi e canali che derivano acqua a scopi irrigui. ”Chiediamo con forza alla Regione di adottare subito un piano di bonifica ambientale del Fratta-Gorzone, che comprenda il letto del fiume, le sponde e le falde idriche correlate”, dichiara Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Partito Democratico e vice presidente della Commissione Sanità. ”Vanno precisati tempi certi, responsabili e risorse documentate per ogni fase del piano. Occorre applicare pienamente il principio ‘chi inquina paga’, con controlli e sanzioni rigorose, e garantire acqua pulita alternativa per uso agricolo. Non sono più accettabili ritardi né soluzioni tampone che non risolvono il problema”. Le indagini di Legambiente Veneto, con la campagna ”Operazione Fiumi”, hanno recentemente confermato un quadro preoccupante: la qualità delle acque del Fratta-Gorzone resta gravemente compromessa dalla presenza di sostanze inquinanti che impediscono al corso d’acqua di raggiungere i livelli minimi richiesti dalle direttive europee. Nonostante gli investimenti pubblici, spesso concentrati in collettori e tubazioni dal costo elevato, non si è registrato alcun miglioramento strutturale. ”Nemmeno la certezza degli effetti dannosi sulla salute provocati dai Pfas serve per spingere la Regione ad agire – aggiunge Bigon-. Non è con un tubo o con l’immissione di milioni di metri cubi di acqua dal canale Leb che si risolve il problema. Questo la Regione lo sa da anni. Eppure permane uno stallo segnato dall’assenza di investimenti e interventi strutturali veri.” La consigliera invita la Giunta regionale a intervenire rapidamente e a garantire chiarezza, trasparenza e sicurezza ambientale, perché la tutela della salute dei cittadini e la salvaguardia delle attività produttive non possano più essere rinviate.



