Eataly chiude in agosto. Anzi no. La Rotonda resta occupata fino al 2031. E le migliaia di firme raccolte in città per chiedere che diventi un polo culturale sono giuste e corrette perché la carenza c’è ma dovrà essere un altro il luogo. Su uno degli aspetti più controversi ma anche più interessanti per lo sviluppo della città La Cronaca di Verona ha chiesto al presidente di Fondazione Cariverona Bruno Giordano di spiegare la situazione e mettere le carte in tavola chiamando in causa anche per la sua parte la Amministrazione comunale del sindaco Tommasi. Presidente Giordano, Eataly dice che chiude ma i contratti con voi cosa dicono? “Per noi la situazione è chiara e semplice: Eataly ha un contratto di affitto che non prevede una clausola di rescissione prima del 2031. Non è stata costituita una società apposita per il punto vendita di Verona, che possano strumentalmente chiudere, per cui ne rispondono direttamente attraverso la casa madre”. Quindi dovranno in qualche modo restare nella Rotonda? Avete gia avuto qualche comunicazione? “Vedremo come decideranno di comportarsi e di conseguenza agiremo ma per quanto ci riguarda la Rotonda non è libera e Eataly deve pagare l’affitto per i prossimi 6 anni”. Quindi tutte le ipotesi circolate in città, alcune anche un po’ surreali a dir la verità, per il riutilizzo della Rotonda si fermano qui? “Per quanto riguarda tutte le ipotesi che si stanno facendo sono ipotesi che non tengono conto che l’edificio ha destinazione commerciale, non è nella diretta gestione della Fondazione (è gestita dalla società Dea Capital Real Estate srl sempre di proprietà di Cariverona) e ha costi di esercizio molto elevati. Nessuna delle proposte di cui ho sentito parlare sarebbe a mio avviso in grado di sostenere questi costi”. Ma a Verona servirebbe un vero polo culturale no? “Condivido il fatto che a Verona manca un polo culturale, anzi siamo noi a dirlo fin dal primo giorno della mia nomina a presidente. Sono felice che un movimento di cittadini abbia già ottenuto quasi 4.000 firme ma pur essendo giusta l’idea si stanno concentrando sull’edificio sbagliato perché l’edificio adatto è Palazzo Forti che ha già destinazione culturale e museale, che non è messo a reddito ed è gestito direttamente dalla Fondazione e sul quale ci siamo spesi investendo 60.000 Euro per una consulenza di una società specializzata (Bam! di Bologna) che ci indicasse come riaprire il Palazzo dopo 6 mesi di lavoro fatti sul territorio e abbiamo inoltre messo a disposizione 500.000 Euro per i lavori necessari. Purtroppo però senza il Comune, che ha in utilizzo gratuito il palazzo fino al 2030, non possiamo fare niente”. Ma questa è una interlocuzione che va avanti da tempo… E non si sblocca? “Quello che stiamo facendo è provare a coinvolgere il Comune ma fino ad ora abbiamo ottenuto solo dichiarazioni d’intento…troppo poco purtroppo”.
MB