Grazie Pazzo! “Volevo continuare, ma va bene così”. Dopo 5 stagioni Pazzini lascia l’Hellas L’annuncio, commosso, in conferenza stampa. L’attaccante trattiene a stento le lacrime: “Non dimenticherò mai l’affetto che io e la mia famiglia abbiamo ricevuto fin da subito”. “Ho capito due-tre giorni fa che era davvero finita. Forse rimarremo a vivere a Verona”

La voce è rotta dall’emo­zio­ne. Il Pazzo trattiene a sten­to le lacrime. La notizia era nell’aria ma non ancora uffi­ciale. Ora lo è: dopo cinque anni Giampaolo Pazzini lascia l’Hellas Verona. L’an­nuncio lo ha dato all’inizio della conferenza stampa il direttore sportivo Tony D’A­mico: “Al termine della sta­gione si interromperà il no­stro rapporto”. Pazzini pren­de subito la parola: “Ho de­ciso due-tre giorni fa. An­dando allo stadio, l’ultima vol­ta, mi sono davvero reso conto che era finita. Il di­rettore, a dire il vero, me l’a­veva detto già un mese fa, ma in cuor mio ci speravo ancora. Sapevo benissimo di non poter fare più 40 par­tite in una stagione, ma è chiaro che avrei voluto pro­seguire. Sono stato molto orgoglioso di indossare la fascia da capitano”. Il Pazzo riavvolge il nastro: “Il primo anno è stato particolare, ho avuto problemi, siamo re­trocessi, però in quel mo­mento si è creato un grande senso di appartenenza. Do­po la partita di Cesena mi sono lasciato andare per­ché mi sentivo molta re­spon­sabilità addosso. In gene­rale mi aspettavo di fare bene, ho sempre dato tutto che fossero cinque, die­ci o novanta minuti, ma Verona e i tifosi mi hanno dato molto di più. Per me” ha pro­seguito l’attaccante “Il Vero­na non è una semplice squadra, è molto di più. La città ha accolto benissimo fin da subito me e la mia famiglia. Stiamo pensando di stabilirci a vivere qui. Non ho parole per tutto l’affetto ricevuto”. Quando parla del figlio, gli occhi diventano an­­cora più lucidi: “E’ cre­sciuto qui, ha la cadenza vero­nese, è di Verona. È an­che per questo che stia­mo pen­sando di fermarci qui”. Nes­suna vena pole­mica durante la conferenza stam­pa, nep­pure quando il Pazzo viene pungolato dai cronisti sul pessimo rappor­to con Pec­chia e con quello non sem­pre idilliaco col presidente e la società: “Non cambie­rebbe nulla parlarne. Va bene così”. Non tutti avreb­bero chiuso con stile. Il Paz­zo è entrato nella storia dei cannonieri gialloblù: 46 reti in 120 pre­senze, più di un gol ogni tre partite, una media di tutto rispetto per chi buona parte di queste partite le ha gio­cate in una squadra il cui obiettivo era la salvezza. La sua carriera è costellata di traguardi, se non di club, personali. Con l’Inter ha vinto una Coppa Italia. Con l’under 19 un campionato europeo. Ma con l’under 21 ha realizzato una tripletta contro l’Inghil­terra nell’ami­che­vole orga­niz­zata per inaugurare il nuovo Wem­bley. È andato in gol dopo soli 28 secondi. Assieme a Cassano ha trascinato la Samp di Del Ne­ri in Cham­pions. Prima era diventato uno degli idoli di Firenze. Ha giocato per l’Inter e il Milan. Durante il prestito al Levante, quando sembrava che la storia col Verona fosse ormai ter­minata, si è tolto lo sfizio di segnare al debutto contro il Real Madrid. Ha giocato 25 par­tite con la nazionale mag­­giore e ha fatto tutta la tra­fila nelle selezioni gio­vanili. Ai gol ha sempre ab­binato tanta corsa e grinta. I tifosi lo hanno amato fin da subito soprattutto per que­sto. Sul finale è entato in sala stampa anche il pre­sidente Maurizio Setti che ha omaggiato il Pazzo con una targa celebrativa.