Guccini, maestro di emozioni e parole Lui, come il grande Battiato, capace di andare oltre l’amore e affrontare temi complessi

Il 14 giugno è ricorso l’ottantunesimo compleanno di Francesco Guccini, uno dei più importanti cantautori italiani, con una carriera che sfiora i cinquant’anni. Nonostante la sua attività artistica si sia protratta nel nuovo millennio, Guccini appartiene, nell’immaginario collettivo, radicato nel secolo scorso, come esponente di un movimento musicale inscindibile dal contesto storico della seconda metà del Novecento; nel caso di Guccini, a questo si aggiunge l’influenza musicale esercitata su di lui dal blues americano degli anni Sessanta, e da Bob Dylan.
Ma, su una base melodica non sempre elaborata e complessa, Guccini inserisce ciò in cui è davvero maestro, ossia la parola. La dimensione della parola è veramente propria di Guccini, come di altri suoi colleghi cantautori, facenti parte di una razza in estinzione, per citare Giorgio Gaber, presente, con Caterina Caselli, al programma Diamoci del tu che, nel 1967, presentò come esordienti proprio Guccini e, contestualmente, Franco Battiato, tristemente scomparso.
Una generazione, questa, che rifugge da ripetizioni e da stereotipate e stucchevoli dichiarazioni d’amore in forma di canzone, ma non si esime dall’affrontare temi complessi, di affondare critiche al sistema culturale contemporaneo, alla stessa industria musicale, agli usi e costumi del tempo.
Guccini e Battiato sono figure molto diverse, ma ugualmente fondamentali e di grande rilievo culturale: essi incarnano due delle possibili anime del cantautorato italiano. Nel caso di Guccini, l’attenzione per la dimensione del ricordo, delle radici, del tempo che trascorre e della necessità di catturarlo si colora di tonalità sempre personali, ricavate dall’esperienza di vita dell’autore e dal suo vastissimo bagaglio di lettura – com’è il caso della canzone Odysseus, intarsio di riferimenti letterari.
Tramite la canzone, Battiato ha cercato, invece, di esprimere una ricerca di carattere per lo più spirituale, il che non significa, naturalmente, che le sue canzoni abbiano – sempre – afflati mistici: la componente potentemente carnale di alcune espressioni usate da Battiano sono pienamente comprensibili all’interno dei riferimenti culturali e extraeuropei – che significa extracristiani – ai quali si riferisce. Si tratta di un mondo che non esiste più, e che si può rimpiangere o meno, oltre superficiali discorsi sui tempi andati. È certo, però, che un certo tipo di canzone, con un certo tipo di contenuto, non esiste più in un’industria musicale preda del mercato; fortunatamente, si può sempre ascoltare ciò che è stato.

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