Profumo di scudetto. Si avvicina il quarantennale della conquista del tricolore da parte del magnifico Hellas di Osvaldo Bagnoli, una squadra che ha scritto la storia dominando il campionato 1984-1985 che vedeva sui campi della serie A fior di campioni di tutto il mondo. C’era Maradona appena arrivato al Napoli, l’Inter aveva risposto con Karl Heinz Rummenigge, ci sono i brasiliani Cerezo e Zico, in Italia già dalla stagione precedente, con Leo Junior e Il Dottor Socrates. Grandi colpi di mercato che fanno passare in secondo piano le manovre gialloblù. (MB)
Ci sono Zico e Maradona ma l’Hellas scrive la storia. Si avvicina il quarantennale della conquista del Tricolore da parte della magnifica squadra guidata da Osvaldo Bagnoli
La squadra guidata da Ferdinando Chiampan e Tino Guidotti con la competenza di Ciccio Mascetti era arrivata al sesto posto e con un paio di innesti ben azzeccati può fare il grande salto. E gli innesti arrivano: sbarcano infatti il poderoso mediano tedesco Hans-Peter Briegel, reduce da dei deludenti Europei in cui è stato impiegato ‘fuori ruolo’ come difensore, e l’attaccante della Danimarca Preben Larsen-Elkjaer, conosciuto con il cognome della madre, che ha scelto per distinguersi meglio, visto che Larsen nel suo Paese è un cognome molto comune. Elkjaer e Briegel arrivano a Verona, anzi per la precisione sul lago di Garda il 29 giugno 1984 per la prima cena ufficiale con le rispettive consorti, Chiampan, Guidotti e l’amministratore delegato Liliano Rangogni. Tutti a tavola in un noto ristorante sul porto di Peschiera specializzato in pesce di mare. Ero in forza, in quei mesi, alla redazione sportiva del quotidiano cittadino (con Adalberto Scemma e Valentino Fioravanti grandi navigatori), ero il più giovane con contratto a tempo per una sostituzione di un collega in aspettativa. I capi decidono che qualcuno deve infiltrarsi al ristorante e descrivere in diretta cosa accade, dando anche istruzioni al fotografo. “Noi siamo troppo noti, ci conoscono”, fu il ragionamento, “vai tu che non ti conosce nessuno”. E così mi spedirono a cenare a Peschiera, in un tavolino da solo, con vista sulla tavolata gialloblù, in incognito. E con una manciata di gettoni in tasca per telefonare in redazione la cronaca in diretta. Altro che computer e cellulari. Tra i primi temi sul tavolo, la ricerca della casa, possibilmente vista lago, tra una cappasanta e una grigliata mista e un bicchiere di Lugana fresco. Si fa amicizia, la dirigenza impara a conoscere questi due granatieri nordici, si gettano le basi per i contratti e per le lezioni su come si arrotolano gli spaghetti che non si mangiano con coltello e forchetta. Da qui parte la grande cavalcata: a settembre, agli ordini di Osvaldo Bagnoli, il debutto al Bentegodi contro il Napoli di Maradona che finisce triturato 3 a 1. Briegel viene subito ribattezzato in tribuna stampa l’armadio a rotelle: corre avanti e indietro per il campo con il suo fisico possente come se sotto avesse le ruote. Elkjaer conferma quello che si dice dei danesi: sono i napoletani del Nord, nel secondo che sono i più estrosi, fantasiosi, matti completi. Preben fuma, scherza, ti dice grazie mille e allunga la mano per avere mille lire, e se non stai attento di fa scherzi terribili. Le sue imprese, i suoi gol, le sue dichiarazioni sono seguitissime in Danimarca: ogni settimana il più importante quotidiano sportivo del suo paese, l’Afton Bladet ci chiede puntualmente articoli su di lui, interviste, commenti.
Briegel scambiò Garella per magazziniere. Il tedesco veniva da Kaiserslautern e il portierone, a inizio stagione, era sovrappeso
Ma anche Briegel non scherzava: rigoroso ma spiritoso, veniva da Kaiserslautern e quando arrivò a uno dei primi allenamenti prendendo conoscenza dei compagni di squadra ha rivelato di aver scambiato Garella, il portierone, per il magazziniere. In effetti, a inizio stagione, Claudio era sempre un po’ sovrappeso. Prima che cominciasse la consueta cura di allenamenti di Toni Lonardi, vice di Bagnoli, che lo massacrava di esercizi, tiri, parate. Ma proprio Garella in quella fenomenale stagione fu uno dei pilastri dello scudetto. Come disse di lui l’avvocato Agnelli era il più forte portiere del mondo che parava senza mani. Infatti Claudio Garella, morto troppo presto per problemi cardiaci, si distinse subito per il suo stile originale. Parava con tutto e le prendeva tutte. Soprattutto parava con i piedi. Arrivato dalla Sampdoria, che all’epoca era in Serie B, proprio come l’Hellas, Garella divenne subito il portiere titolare della squadra, nella sua prima stagione in gialloblù, l’Hellas ottenne immediatamente la promozione in Serie A. Subito dopo la stagione dello scudetto passò al Napoli di Maradona, dove arrivò la sua consacrazione. Con la maglia del Verona, Garella totalizzò 157 presenze, con 143 gol subiti e 63 clean sheet. C’è stato chi lo ha paragonato a un Gerard Depardieu con i guantoni, ma il suo soprannome è stato subito Garellik, sia perché leggeva molti fumetti, sia perché faceva imprese impossibili come Dorellik, ma parodia di Diabolik interpretata da Johnny Dorelli. E dunque Garellik: soprannome clamorosamente pop che lo avrebbe accompagnato per sempre. Claudio non si è mai montato la testa. Piemontese con i piedi ben piantati per terra, abitava con la moglie Laura e le due figlie piccole in Borgo Trento. Aveva le sue abitudini: al mattino lo trovavi a bere il caffè al Bar Perugina, sotto i portici di via IV Novembre, dall’amico Michele, barman sopraffino, leggeva la Gazzetta mentre la moglie Laura andava a fare spesa soprattutto di verdure cotte per tenere il marito a dieta e non fargli prendere chili in più. Una battaglia continua quella con il peso forma, che Garella raggiungeva a inizio stagione, dopo i sacrifici del ritiro estivo e l’inizio di campionato, poi con il passare delle settimane Toni Lonardi aveva un bel lavoro da fare…. Se Garella era in peso forma lo capivi soprattutto da un particolare: riusciva a mettere la maglia da portiere dentro i pantaloncini. Accadeva solo nelle prime partite di campionato. Se fate caso alle foto, poi la maglia è sempre fuori dai calzoncini. Ma questa era la sua forza, la sua esplosività, la sua reattività. La sua intesa con il reparto difensivo era perfetta. A destra aveva Mauro Ferroni, marcatore spietato, a sinistra sulla corsia fluidificante Luciano Marangon, al centro lo stopper Fontolan e il mediano Mimmo Volpati, il medico. Nel ruolo di libero e regista difensivo l’elegante Roberto Tricella, altra bandiera della squadra, approdato poi in Nazionale con Antonio Di Gennaro (oggi commentatore Rai della Nazionale) e Nanu Galderisi.
Tricella e le geometrie del “Dige”. Il centrocampo si poggiava sul numero 10, su Pierino Fanna e il motorino Bruni
Tricella oltre alle sue incredibili doti in marcatura, era anche molto abile nelle sue avanzate palla al piede e per i lanci millimetrici con cui imbeccava i suoi compagni più offensivi. Vista la sua leadership, Tricella fu il capitano della squadra scudetto del 1985. Lasciò il club nel 1987 con il record di presenze, 324. Il centrocampo si poggiava sulla fisicità di Briegel, le geometrie di Di Gennaro immancabile numero 10, il motorino Luciano Bruni e sulla destra, ala vecchia maniera, Pietro Fanna, detto ‘Pierino’, è il jolly d’attacco, un’ala travolgente per la sua fisicità e dinamismo, ex della Juve. Al centro dell’attacco Elkjaer in coppia con il furetto Galderisi. Nanu Galderisi arrivò a Verona così giovane che non aveva neppure la patente e spesso dopo gli allenamenti al Bentegodi chiedeva un passaggio in città in auto ad amici, giornalisti, compagni di squadra. C’era un clima di solidarietà e simpatia contagiosa in quella squadra, merito soprattutto di Bagnoli che con la sua severità e la sua intelligenza sapeva ricavare il meglio da tutti dal punto di vista tecnico e soprattutto dava rispetto e lo esigeva. Un clima di cameratismo che contagiava anche tutti i collaboratori, dal massaggiatore Stefani al magazziniere, il Pista Manfrin. Accadeva che al lunedì mattina, dopo la lettura dei giornali sportivi, arrivassero negli spogliatoi le telefonate delle grandi marche di scarpe sportive. I dirigenti guardavano le foto della Gazzetta per capire se i loro giocatori sotto contratto usassero davvero gli scarpini dello sponsor. I dubbi erano legittimi, perché non pochi giocatori in realtà si trovavano meglio con gli scarpini della concorrenza e allora cosa facevano? Facevano togliere le strisce di riconoscimento originali e le facevano sostituire con quelle dello sponsor grazie a un abile lavoro di calzoleria. Roba da occhi esperti… Ma erano giocatori che non vivevano solo per il calcio, avevano molti interessi anche al di fuori del campo, per esempio Volpati riuscì a laurearsi in Medicina e ad esercitare come dentista in Trentino. Volpati si sposò il giorno dopo la conquista dello scudetto con una ragazza trentina conosciuta durante i ritiri in val di Fiemme. Dal 1982 al 1988 la squadra del Verona veniva in Val di Fiemme per il ritiro pre-campionato. “Durante una passeggiata per Cavalese, proprio in una di quelle estati, mi fermò un signore del posto tifoso del Torino, -ricorda Volpati- squadra nella quale militai prima del Verona, felice di potermi conoscere personalmente. Venne poi a seguirmi in una amichevole a Cavalese accompagnato dalla figlia Daniela… “. Ragazza che poi divenne sua moglie e madre delle due figlie. Il matrimonio si celebrò nella chiesetta di Redagno, un lunedì di primavera dopo lo scudetto. Ricordo che partimmo, per il giornale, io e il fotografo Maurizio Brenzoni al mattino presto alla ricerca di questa chiesetta spersa nei boschi sopra Cavalese e Aldino per documentare il matrimonio di Volpati. Era maggio 1985: non c’erano i navigatori, né Internet, solo qualche cartina stradale sulla quale la chiesetta di Redagno non c’era… Ma alla fine trovammo gli sposi, baciati dal sole. E la festa fu completa. MB (prima puntata)
Cittadinanza benemerita ai campioni. Conferita dal Comune in occasione del 40° anniversario dello storico 12 maggio 1985
Il 12 maggio 1985 l’Hellas Verona scrisse una delle più belle pagine del calcio italiano vincendo lo scudetto nel campionato di serie A nella stagione 1984/85. Un’impresa con protagonista una squadra che è entrata nel cuore a tutti i veronesi e le veronesi, ma anche a tanti appassionati di calcio e non. In occasione del 40° anniversario di quello storico giorno la Giunta comunale ha deliberato di conferire la cittadinanza benemerita alla squadra che cucì per la prima volta sulle maglie gialloblù lo scudetto tricolore. “Vogliamo fissare nella storia della nostra città quello che, di fatto, è già nella storia di tutti noi appassionati veronesi – sottolinea il sindaco Damiano Tommasi –. Per questo motivo oggi abbiamo approvato la proposta per il riconoscimento della Cittadinanza Benemerita alla squadra Campione d’Italia 1984/85. Mi piace sottolineare l’aver compreso in questa onorificenza tutti quelli che hanno fatto parte di quel gruppo, dal presidente al magazziniere, l’ufficio stampa, i medici, tutto lo staff tecnico e tutti quelli che davvero hanno costruito la storia della nostra città. Credo sia doveroso, in occasione dei 40 anni, dare questo attributo a dei ragazzi e a delle persone che sono state straordinarie in quel periodo, e che lo sono stati anche in tutti questi anni”. La matematica vittoria del campionato arrivò il 12 maggio del 1985 quando l’Hellas Verona pareggiò 1-1 in casa dell’Atalanta, coronando un cammino memorabile in quello che, al tempo era il più bel campionato al mondo, nel quale giocavano giocatori stranieri come Maradona, Falcao, Zico, Socrates, Platini e Rumenigge. Per questo l’impresa sportiva di quell’Hellas Verona fu ancor più memorabile, grazie al contributo, alla capacità, alla passione ed alla forza del gioco di squadra dei componenti tutta la società che hanno reso Verona l’unica città non capoluogo di regione vincitrice in un Campionato di Serie A a girone unico. La delibera passa ora al vaglio del prossimo Consiglio comunale per l’approvazione finale.
Organigramma dell’Hellas Campione d’Italia 1984-85
Presidente: Celestino Guidotti; Azionista di Maggioranza: Ferdinando Chiampan; General manager: Emiliano Mascetti; Segretari: Enzo Bertolini – Pierluigi Marzola; Allenatore: Osvaldo Bagnoli; Allenatore in seconda: Antonio Lonardi; Medici Sociali: Giuseppe Costa – Giorgio Biscardo; Dirigente accompagnatore: Marco Anti; Massaggiatore: Francesco Stefani; Magazzinieri: Carla Coletta – Renzo Manfrin; Addetto stampa: Franco Bottacini; Calciatori: Claudio Garella, Sergio Spuri, Mauro Ferroni , Silvano Fontolan, Fabio Marangon, Luciano Marangon, Roberto Tricella (capitano), Hans-Peter Briegel, Luciano Bruni, Antonio Di Gennaro, Dario Donà, Pietro Fanna, Luigi Sacchetti, Antonio Terracciano, Franco Turchetta, Domenico Volpati, Preben Elkjær Larsen, Giuseppe Galderisi.