Il passaggio del testimone Si tratta del momento più delicato nella vita di un’azienda familiare

Secondo l’ultimo Censimento delle Imprese di Istat3, quelle familiari rappresentano il 75,2% delle unità produttive italiane con almeno 3 addetti e il 63,7% di quelle con 10 addetti e oltre. Come si rapportano le componenti organizzative all’interno di queste realtà nel momento del passaggio generazionale? Forse il più delicato nella vita di un’azienda quando le dinamiche personali e parentali si intrecciano con quelle che coinvolgono tutta l’organizzazione? Dare per scontato che un figlio sia effettivamente in grado di guidare l’azienda verso un futuro di successo è il limite di tante situazioni che portano a reali difficoltà.
C’è bisogno di un percorso strutturato per pianificare un passaggio di successo, dove si accompagna il genitore a “lasciare andare” il proprio potere senza grosse sofferenze ed a preparare a 360° il figlio nello sviluppare le competenze per poter governare l’azienda in modo efficace. Capire se c’è una reale volontà a fare questo passaggio mette al sicuro l’azienda. Troppe volte viene proclamato un passaggio di testimone ma, in realtà, il padre non delega e il figlio non si assume appieno le proprie responsabilità di imprenditore. Deve essere un percorso di consapevolezza, di volontà, di chiarezza di obiettivi, di apprendimento di competenze tecniche, gestionali e di soft skills al fine di avere la capacità di governare e guidare al meglio l’azienda. Occorre analizzare il passaggio ad ampio spettro: dal punto di vista del genitore, del figlio e dell’organizzazione.
Nel passaggio generazionale è importante non dare per scontato che il figlio voglia prendere le redini dell’azienda né, tantomeno, che egli sia portato al ruolo né che il padre debba lasciare l’aspetto manageriale al figlio.Il figlio deve, innanzitutto, prendere consapevolezza se quello che vuole veramente è proseguire nell’attività paterna o se la scelta è dettata semplicemente dal senso di obbligo o da una situazione ineluttabile.
È altrettanto importante verificare le reali capacità del figlio, le aspirazioni e le risorse, dal momento che non è detto che il suo talento corrisponda a quello del padre, con le medesime potenzialità di successo. Al centro di tutto dev’esserci la realizzazione del figlio, altrimenti egli potrebbe sentirsi frustrato anche laddove ottenesse successi. In altri ambiti, prima o poi, a seguito di un evento catartico nella sua vita, metterà in discussione la scelta e potrebbe provare la sensazione di “aver sbagliato tutto”. “Perché il figlio in realtà non pensa di avere il libero arbitrio di scelta, se non portando avanti una battaglia per potersi allontanare dal disegno prestabilito per il suo futuro?”
Qualora decidesse di seguire il destino più o meno prestabilito (soprattutto se si tratta di un figlio maschio) cosa potrebbe fare per affrontarlo nella maniera più armoniosa possibile, senza pagarne le conseguenze?
E poi: come si può preparare rispetto a questo momento?
Egli può fare molto, in realtà.

Tiziana Recchia

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