Il testamento di Giacchieri. Domani a San Nicolò i funerali Nell’ultima intervista rilasciata alla Cronaca di Verona l’ex sovrintendente esprimeva tutta la sua preoccupazione e il suo amore per la Fondazione Arena: non si deve litigare

Riascoltando le parole di Renzo Giacchieri nell’ultima intervista rilasciata alla Cronaca di Verona il 27 febbraio scorso, solo due mesi fa, si percepisce non solo lo sconfinato amore per una istituzione che lui aveva guidato per due volte, la Fondazione Arena, ma anche quello che suona come il suo testamento, le sue ultime volontà: in Fondazione non si deve litigare.
La Fondazione Arena, diceva e ripeteva, è un patrimonio del mondo intero, non solo dei veronesi, una vetrina internazionale alla quale guardano tutti, da tutti i Continenti, dall’Australia agli Stati Uniti, dall’Europa all’Asia.
Renzo Giacchieri, 84 anni, maestro dell’opera lirica e del teatro, regista, scenografo, sovrintendente e mille altre cose nella sua lunga vita artistica, morto improvvisamente ieri nella sua città d’adozione, fino all’ultimo giorno ha sempre seguito con grande attenzione la vita dell’ente lirico, con passione e competenza.
Romano di nascita, aveva scelto di vivere qui: “Sono a Verona per l’amore per questa città e per l’Arena”.
Nel dialogo con Giacchieri di due mesi fa, alla luce degli scontri in Fondazione, non nascose la sua preoccupazione: “La cosa è molto complicata”, commentò serio.
Sulla scelta del sovrintendente, dopo aver caldeggiato per il primo mandato Cecilia Gasdia, gli sarebbe piaciuto il nome di Gian Marco Mazzi, oppure il sovrintendente Polo da Trieste o anche un artista veronese. Ma era la contrapposizione tra i soci a preoccuparlo.
“Lo scontro politico è un errore gravissimo, la Fondazione è un meccanismo delicatissimo che con un niente lo mandi in fallimento totale. Chi dà vita a un teatro ha sensibilità particolari, dilatate, acute”, sottolineava “basta un nulla e il clima si infiamma. Mi telefonano dipendenti che sperano di andarsene presto in pensione, questo è lo stato d’animo”.
Un mondo complesso, quello artistico, che lui aveva governato più volte e da quella esperienza aveva tratto convinzioni e insegnamenti: “Il teatro è un organismo a carattere dittatoriale, non c’è da scandalizzarsi. Ci vuole un capo solo e in questo caso è il presidente sindaco che deve governare la macchina”.
Uno solo al comando, ripeteva. “Anche il ruolo di direttore generale non serve, il sovrintendente è il capo azienda. Il direttore generale rischia di non far nulla. La riforma Veltroni ha previsto proprio la figura forte del sovrintendente per evitare ingerenze politiche”.
E la manifestazione d’interesse? “Un errore, perché in questo mestiere si viene cercati, se cerchi tu vuol dire che sei libero, disoccupato. Non è un sistema valido per il teatro”.
Sovrintendente a Verona dal 1982 al 1986 e poi dal 1998 a fine 2002, era stato presidente dell’Anels, associazione nazionale degli enti lirici, direttore del Festival Puccini, sovrintendente al San Carlo di Napoli, commissario straordinario al Carlo Felice di Genova, presidente del Conservatorio Dall’Abaco. Era stato dipendenti Rai dal 1960 al 1990, dirigente per i programmi di musica e teatro per Rai3; mise in scena Nabucco all’Arena nel 1981, poi Macbeth e Don Carlo; nel 1987 firma la regia di Aida a Luxor per l’Arena.
I funerali saranno domani, sabato a San Nicolò all’Arena alle 15.(mb)

Gasdia: “Gli devo molto, era grande”

Particolarmente legata a Renzo Giacchieri era la sovrintendente Cecilia Gasdia, soprano che con l’ex sovrintendente aveva un forte legame professionale. Commosse le sue parole: “A nome di tutti i lavoratori della Fondazione Arena e degli artisti ad essa legati, desidero esprimere il più profondo cordoglio per l’inaspettata scomparsa di Renzo Giacchieri. Al dolore della notizia si aggiunge il mio sgomento personale: solo pochi giorni fa nulla la lasciava presagire. Come molti altri professionisti oggi in carriera, devo moltissimo all’incontro fortunato con la sua persona, estremamente discreta e riservata, eppure attentissima, esigente e arguta. Lui c’è sempre stato, da quel Concorso Callas che fortissimamente volle nel 1980 e che fu per me l’inizio: la sua vicinanza e i suoi consigli vigili sono sempre stati fondamentali, fino alle nostre più recenti collaborazioni in Fondazione. Se ne è andato un uomo di teatro d’altri tempi, un regista di scuola tradizionale ma mai ignaro dei progressi nel mondo dello spettacolo, un uomo di cultura a tutto tondo, di competenza, misura e polso eccezionali. Alle sue nipoti e alle loro famiglie vanno le nostre più sentite condoglianze».
E il sindaco di Verona, Damiano Tommasi, nell’esprimere il cordoglio a nome di tutta l’amministrazione, lo ricorda cosi: “E’ stato una figura fondante per la cultura veronese. Sovrintendente dell’Ente lirico prima e della Fondazione Arena di Verona poi, ha saputo dare una connotazione internazionale al festival lirico veronese portando nella nostra città, grazie alla sua competenza, i più importanti cantanti lirici del mondo. Il metodo con cui guidò la neonata Fondazione Arena di Verona, contraddistinto dalla capacità di conciliare una programmazione artistica di altissimo livello con strumenti popolari come la televisione grazie ai rapporti con la Rai, resta un modello da seguire, la città deve essergli grata”.