Il Veneto lotta alla grande: terapie intensive e ospedali quasi vuoti Qui il virus morde meno che nel resto delle regioni d’Italia. I nuovi contagi sono 591 ma il 95% degli infetti è asintomatico. Le cure sono migliorate, il comportamento della gente, salvo inevitabili casi limite, è esemplare. I tamponi rapidi e a tappeto consentono di isolare tempestivamente i focolai. Su 11.281 persone in isolamento solo un quarto sono positive al Covid

Il numero che conta dav­ve­ro è quello delle terapie in­tensive, che in Veneto sono vuote o quasi. Trenta (+1 ri­spetto a ieri) su cinque mi­lioni di abitanti, una percen­tuale talmente insi­gni­fi­cante da non essere me­ritevole di nota. Va inoltre ri­cordato che purtroppo parte degli intubati sono pazienti con altre patologie gravi in corso. Il Veneto ha sconfitto il Covid? Niente affatto, e chi lo sostiene è meritevole – lui sì – di un trattamento sa­nitario obbligatorio. D’al­tronde oggi sono state co­mu­nicate 595 nuove posi­ti­vità, ma è anche vero che il 95% è asintomatico e – lo hanno appena ricordato i pro­fessori Giorgio Palù e Roberto Rigoli, super con­sulenti di Zaia e tra gli spe­cialisti più considerati d’Ita­lia – la carica virale si è fatta via via sempre più bassa. Tanto che, Rigoli, il quale co­ordina i laboratori veneti di microbiologia, ha appena proposto al governo cen­trale di stabilire una soglia al di sotto della quale si è considerati negativi. La pro­posta, qualora fosse accet­tata, rivoluzionerebbe la si­tuazione. E in quel ca­so, da italiana, la rivoluzione po­trebbe diventare mondiale. Pensateci: niente più ne­gozi e uffici chiusi qualora il dipendente di turno ri­sul­tasse affetto da una per­centuale infinitesimale di virus, una quantità insuff­i­cien­te a contagiare chi gli sta attorno. La scuola sa­rebbe salva. Lo sarebbero un sacco di altre attività. Il Paese potrebbe ripartire in sicurezza e senza i con­trosensi che oggi lo ren­dono prigioniero. Uno stu­dio eseguito su 1.442 per­so­ne positive nel Trevigiano ha evidenziato che, par­ten­do dal tampone, sono stati ne­cessari oltre 26 cicli di amplificazione per indivi­duare il virus. Nel 49,58% dei casi la positività è e­mer­sa tra i 26 e i 35 cicli. Il Ve­neto è messo meglio di tut­te le altre regioni indu­stria­lizzate italiane perché il go­vernatore è stato il primo, a fine febbraio, a disporre tam­poni a tappeto per iso­lare i malati. Il Veneto con­ti­nua a reggere alla grande perché ha ospedali, medici e infermieri di primo livello. Il Veneto ha appena varato i tamponi-corti, quelli con lo stecco ridotto per inten­derci, per non trauma­tizzare i bambini: vengono u­sati già in decine di scuole della regione. I test ven­gono eseguiti in loco, così da non chiudere gli interi i­stituti in caso di positività di un singolo alunno. Il Vene­to, questione di un paio di settimane, dovrebbe essere in grado di mettere in cam­po un test che dirà subito se una persona è affetta da influenza normale o da Corona: va da sé che ciò accelererà le cure di chi ne ha realmente bisogno e sfoltirà le file al Pronto Soccorso. Chiudiamo tor­nan­do ai numeri dell’epi­de­mia nella nostra regione. Il 7 marzo la percentuale dei ricoverati rispetto al totale dei positivi era del 31,8%: oggi siamo al 6,8. I rico­verati in terapia intensiva rispetto al totale dei rico­verati era del 46,2, oggi sia­mo al 7,6. Di sicuro si­gni­fica che i nostri medici han­no imparato a curare molto meglio i malati. Se poi gli esperti ci dicono pure, e lo stanno dicendo, che la ca­rica virale è molto più bas­sa, bé, evidentemente non c’è da stare allegri, e anzi è necessario continuare a seguire le regole, però non è neppure il caso di fare ter­ro­rismo psicologico. L’atti­vi­tà preferita dalla maggior parte dei virologi televisivi e dei giornali catastrofisti.