Il Verona avrebbe bisogno di «Faina». Negli anni ’70 Ennio Fiaschi, da scaltro attaccante, era sempre pronto in area

hellas stadio udali Ph Renzo Udali©

All’anagrafe risponde al nome di Ennio Fiaschi, nato a Uliveto Terme il 2 ottobre 1945 ma chi ha calcato i campi di calcio negli anni ’70 lo ricorda con l’appellativo di «faina». «Vero – ricorda l’ex attaccante di Verona e Como, da poche settimane ottantenne era quello il mio «nome d’arte». Perché? Ero sempre pronto ad approfittare di qualsiasi pallone vagante o di qualche errore di un difensore avversario. Arrivavo come una faina e facevo gol». Gli chiedi di Verona e capisci dalle sue parole come parlare dell’esperienza in riva all’Adige evochi nella sua mente bellissimi ricordi. «Sono stati due anni meravigliosi – ci dice – con un allenatore come Ferruccio Valcareggi, toscano come me. Eravamo un bel gruppo, lo testimonia il fatto che ancora oggi siamo legati come allora. Bravi giocatori ma, soprattutto, brave persone. Verona è una città meravigliosa, dove conservo ancora tanti amici, quando posso torno sempre volentieri». Parlando di Valcareggi spunta anche un simpatico aneddoto. «La domenica dovevamo giocare contro il Milan e vista l’assenza di Maddè, sarebbe toccato a me marcare Rivera. Andammo quindi a giocare l’amichevole del giovedì con una squadra dove c’era un giocatore che a detta di Valcareggi, somigliava molto al capitano rosso-nero». Un altro calcio quello di allora? «Sicuramente si. Vivevamo la squadra in mezzo alla gente. Un aspetto che oggi si è purtroppo perso. Peccato». Di Verona ricorda anche i tanti lunedi passati a comprare scarpe. «A Vigevano, dove avevo giocato anni prima, avevo un negozio di calzature. Il lunedì partivamo in gruppo da Verona per andare a fare acquisti a prezzi, come dire, di favore». Dall’Hellas, probabilmente, non sarebbe mai andato via. «Garonzi mi aveva promesso che sarei rimasto. Secondo me c’era bisogno di soldi e le cose andarono diversamente. Ero al mare e mi telefonarono dicendomi che ero stato ceduto in C al Como. Mi voleva Marchioro, mi dissero. Allora, come sapete, non esistevano procuratori, andava così. Prendere o lasciare.» A Como arrivarono comunque altre soddisfazioni. «Vincemmo due campionati di fila-ricorda Fiaschi – e andammo in Serie A.» Rimpianti per non essere rimasto? «Avevo già 35 anni, c’era bisogno di gente più giovane. Feci altri due anni in C con la Rhodense e poi smisi definitivamente.» Sulle rive del Lario si è fermato a vivere. «Como è stata per me un po’ come Verona, tanto che, nonostante io sia toscano, sono rimasto una volta terminata la carriera. Qui mi conoscono tutti come «faina» – confessa e abito a pochi metri da Fontolan, uno che voi di Verona conoscete molto bene.» Parlando dell’avventura lariana spunta il nome di Piero Volpi, ex compagno di squadra di Fiaschi e da un trentennio medico sociale dell’Inter. «Piero è una persona speciale. In occasione di Inter-Como, insieme ad alcuni ex come Vierchowod, Todesco e altri, siamo stati ospiti della società nerazzurra. Siamo sempre rimasti in contatto, quando abbiamo qualche «malanno» andiamo sempre da lui. Ogni tanto porto ci anche qualche amico calciatore». Oggi Como è una realtà calcistica molto diversa. «Quella di Fabregas – commenta – è una squadra che gioca un bel calcio. La nuova proprietà ha fatto investimenti importanti. Ci sono le condizioni per portare avanti un bel progetto. Il Verona? Anche quest’anno sta facendo un po’ fatica, specialmente a fare gol. Forse – aggiunge sorridendo – ci vorrebbe uno come il mio amico Gianfranco Zigoni. Quando lui era in giornata non ce n’era per nessuno. Spero comunque che la squadra si salvi, sapete quanto i colori gialloblù mi siano rimasti nel cuore».

Enrico Brigi