Il vescovo Domenico ammonisce la città. L’intervento in occasione dei primi vespri Aprendo le celebrazioni per il santo patrono non usa mezzi termini e rivolge un forte richiamo a tutti gli attori che concorrono a governarla. “Non si amministra senza una visione”.

Non usa mezzi termini Domenico Pompili: il vescovo in occasione dei Primi Vespri di San Zeno che aprono le celebrazioni per il santo patrono cittadino, rivolge un forte richiamo proprio alla città e al tutti gli attori che concorrono a governarla. Un vero e proprio discorso alla Città e ai costruttori di casa e concordia e benessere: vale a dire la comunità.
«Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon
mattino». Per ben tre volte il Salmo 127 (126), ricorda il vescovo Domenico, ricorre all’espressione “invano” per affermare che la casa, la città, il lavoro, i figli avranno consistenza solo se Dio accompagna lo sforzo umano.
Detto in parole povere, il vescovo Domenico va dritto al punto: “è vano affrontare i problemi comuni come fossero un’impresa individuale; è inutile pensare di risolvere i problemi
di una città ricorrendo al confronto muscolare’ e il richiamo alla memoria degli ultimi scontri istituzionali è fin troppo facle.
Il vescovo prosegue poi su un alto tema politico: “è ingannevole la ricerca di consenso e l’uso strumentale di fenomeni complessi come la povertà o l’immigrazione; è velleitario pensare di amministrare un territorio senza una visione, senza un’idea condivisa di bene comune, senza l’ascolto attento e amorevole della gente; è illusorio,
infine, ritenere che la denatalità, l’educazione dei figli, il disagio degli adolescenti, l’emergenza abitativa per le giovani coppie siano problemi privati e non una
questione pubblica, collettiva, che riguarda il comune destino”.
Un preciso richiamo agli amministratori a farsi carico dei problemi veri della comunità interpretando la logica del bene comune come faro del loro agire.
“L’attività umana non basta a sé stessa. Occorre qualcosa di “oltre”, di gratuito,
di eccedente: occorre un “bene comune”.
Al termine della visita-lampo nei 14 vicariati, spiega Pompili, “posso dire di aver intravisto innumerevoli “volti” di persone che fanno lievitare il “bene comune”: quelli che si impegnano ogni giorno nelle istituzioni e nel volontariato; quelli che come imprenditori hanno cura di far crescere collaboratori e clienti” quelli che insegnano e si impegnano per integrare figli e famiglie, anche di immigrati; quelli che nel mondo della salute si prendono cura dei malati; quelli che si fanno carico dei disabili e delle diverse forme di dipendenza per aiutare la società a non implodere. Dinanzi alla crisi permanente di oggi”, prosegue il vescovo rivolgendosi alla città, “sotto la spinta dei due vettori del cambiamento che sono la sostenibilità e la digitalizzazione, ci ritroviamo come di fronte ad un bivio: decidere ancora una volta che è la libertà – e con essa la democrazia e l’iniziativa personale, il pluralismo, la sussidiarietà, la solidarietà, la pace – la carta vincente per affrontare le nuove sfide della fase post-pandemica o scivolare impercettibilmente verso quell’esonero dalla responsabilità, che invoca misure forti dall’alto e dall’esterno, subendo il fascino di modelli che non amano la
libertà”.
“La scelta”, avverte il vescovo, “è tutt’altro che scontata e a costo zero: solo sovrainvestendo sulle
persone e la qualità delle nostre relazioni personali e istituzionali possiamo pensare di farcela. Non in astratto, ma molto concretamente, con un massiccio e consapevole investimento nell’educazione. Non è affatto detto che ce la faremo, ma i risultati arriveranno se torneremo ad interrogarci su quel bene inestimabile che è la libertà”.
Domenico conclude: “Dopo gli anni dell’io e della concorrenza, per sfuggire alla rabbia e all’aggressività crescenti viene il tempo del noi e della collaborazione. Al di là del suo grembo
relazionale, infatti, la vita umana si impoverisce perdendo pezzi preziosi di realtà. Impoverisce il suo cuore e la sua ragione. La sua intelligenza. Il suo pensiero, il suo spirito. E così impoverisce il mondo, perdendosi nell’incuria e nell’indifferenza. San Zeno che è il “genius loci” di Verona è rappresentato sempre con una singolare canna da pesca. Ci aiuti a “pescare” dentro di noi quell’attitudine relazionale che costruisce non invano il “bene comune”.
Un richiamo potente, quello del vescovo,arrivato a Verona l’estate scorsa, nella prima vera occasione ufficiale in cui si rivolge direttamente alla città.