Il messaggio del presidente della Repubblica Mattarella
“Quella delle morti del lavoro è una piaga che non accenna ad arrestarsi e che, nel nostro Paese ha già mietuto, in questi primi mesi, centinaia di vite, con altrettante famiglie consegnate alla disperazione. Non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione. E’ evidente che l’impegno per la sicurezza nel lavoro richiede di essere rafforzato. Riguarda le istituzioni, le imprese, i lavoratori”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione della Festa del lavoro.
Lavoratori in attesa di rinnovi contrattuali
Giovedì 1° maggio a partire dalle 10 Cgil, Cisl, Uil Verona saranno in piazza dei Signori con lavoratrici e lavoratori, delegate e delegati, pensionate e pensionati per festeggiare questo Primo Maggio che il Sindacato italiano dedica al tema della sicurezza del lavoro. Sicurezza, dicono i sindacati, intesa come preservazione dall’incolumità fisica rispetto alla tragica serie di infortuni, spesso, mortali, che ancora insanguinano il Paese e i nostri territorio in particolare. Ma sicurezza intesa anche come stabilità del posto di lavoro, condizione necessaria di un modello di sviluppo equo che non lasci nessuno indietro, e come possibilità di difendere i propri diritti, che nei luoghi di lavoro si esercitano primariamente con la contrattazione collettiva. Interverranno i Segretari Generali di Cgil Verona Francesca Tornieri, di Cisl Verona Giampaolo Veghini e il Coordinatore Uil Veneto Verona Giuseppe Bozzini. Vi sarà anche un intrattenimento musicale affidato Al trio Elephant. Sul primo tema, fanno notare i sindacati, nonostante un lieve miglioramento e le molte iniziative, va rimarcato che il territorio veronese è stabilmente da anni maglia nera di infortuni mortali all’interno di una regione che presenta a sua volta tra i numeri più alti del Paese, come confermano anche le denunce all’Inail nei primi due mesi del 2025: in Veneto sono già15 infortuni mortali; 10.793 quelli non mortali, e 946 denunce di malattia professionale. Malgrado gli sforzi e la lieve tendenza alla flessione (dovuta nche alla congiutura economica poco favorevole) siamo ben lungi dal vede la luce in fondo al tunnel dei circa 15 mila infortuni che si verificano ogni anno nella provincia scaligera con una media di quasi due morti al mese. Un contributo di sangue inaccettabile. Dobbiamo spezzare , dicono, il binomio sviluppo/infortuni. L’auspicio, per il Sindacato da sempre in prima linea sul fronte della diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro, è quello di arrivare a costruire un solido sistema di prevenzione degli infortuni, fatto di formazione, mezzi-risorse, controlli. “Come organizzazioni sindacali – dicono – poniamo unitariamente il tema della sicurezza e della qualità del lavoro, che vuol dire transitare ad un sistema produttivo che valorizza imprese e lavoratori ponendosi come competitore nella fasce alte del mercato. Ad oggi nel Paese sono quasi sei milioni le lavoratrici e i lavoratori in attesa di rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Tra i contratti chiusi, gli aumenti salariali hanno consentito di recuperare una parte consistente dell’inflazione cumulata negli ultimi anni, ma anche il pubblico deve fare la sua parte mettendo a disposizione di cittadine e cittadine, lavoratrici e lavoratori servizi di qualità a partire da quelli socio-sanitari. La libertà economica – concludono – è una precondizione per la vita delle persone in una società liberale e quindi serve una redistribuzione del reddito per un benessere inclusivo che non sia privilegio di pochi”.
Contratti e rapporti di breve durata. In Veneto i lavoratori part time sono 415mila, il 18,6% del totale degli occupati
Pensato originariamente come leva per favorire l’inclusione lavorativa di giovani, donne, lavoratori in età matura e persone con difficoltà di accesso stabile all’occupazione, oggi il part-time non rappresenta più una modalità di lavoro marginale, ma un elemento strutturale del mercato del lavoro in tutta Europa, con una quota significativa sia in termini di posti di lavoro che di nuove assunzioni. Nel corso del 2024 le persone occupate con un contratto a tempo parziale in Veneto sono state mediamente 415 mila, pari al 18,6% del totale degli occupati, di cui 340 mila donne e 76 mila uomini. Il divario di genere è però particolarmente elevato: l’incidenza del part-time è infatti pari al 6% tra gli uomini mentre arriva al 35% tra le donne, anche in virtù della crescita della richiesta di lavoro in settori a prevalente partecipazione femminile. Nonostante la crescita registrata negli ultimi anni, l’incidenza del part-time in Italia e in Veneto è in linea con la media europea (19%), che varia significativamente tra i Paesi in base a normative nazionali, composizione del mercato del lavoro, peso di settori come commercio e servizi, politiche di welfare. L’analisi approfondita dei dati SILV di Veneto Lavoro mette in evidenza come l’aumento della domanda di lavoro nel settore dei servizi degli ultimi anni, con il progressivo rafforzamento delle opportunità di impiego a tempo parziale, abbia favorito la crescita dell’occupazione, in particolare quella femminile. Nel 2024 le assunzioni a tempo parziale sono state circa 288 mila (61% donne, 39% uomini), il 33% delle assunzioni totali, con una lieve crescita rispetto all’anno precedente (+2%) soprattutto per la componente maschile. Il part-time è più frequente nei rapporti di lavoro a tempo determinato, spesso di breve durata, che nascono e si concludono senza variazioni di orario (da part-time a full-time o viceversa). Tali rapporti riguardano appunto soprattutto il terziario, hanno un peso maggiore tra le donne e nella maggior parte dei casi si concludono entro l’anno di attivazione. Pare dunque plausibile ricondurre l’espansione del part-time alle crescenti opportunità di occupazione ad orario ridotto in alcuni ambiti lavorativi, in particolare laddove la riduzione oraria risulta funzionale all’organizzazione stessa del lavoro. Si tratta di una precisa domanda che, oltre ad intercettare specifiche esigenze di una fetta di lavoratori, spesso incontra anche la disponibilità di un bacino più ampio di persone alla ricerca di occupazione contribuendo ad alimentare, soprattutto in alcuni casi, forme di part-time involontario. Il lavoro part-time, infatti, non rappresenta sempre una scelta volontaria da parte dei lavoratori e delle lavoratrici: nel 2023, in Italia, il 54% dei lavoratori part-time ha accettato involontariamente un impiego ad orario ridotto, mentre in Veneto, nel corso dell’ultimo decennio, tale quota è scesa ben al di sotto del 50% e risulta più elevata per gli uomini che per le donne. In questo consistono i rischi del part-time che, quando di tipo involontario, può trasformarsi da opportunità di flessibilità e conciliazione dei tempi di vita e lavoro a scelta obbligata per i lavoratori, costretti ad accettare un orario ridotto come alternativa alla disoccupazione totale. L’impatto del part-time in termini di qualità del lavoro risulta quindi dipendere da come viene utilizzato e dal contesto in cui si inserisce. Da un lato, rappresenta un’opportunità per chi cerca maggiore flessibilità, consentendo una migliore gestione del tempo tra lavoro, famiglia, formazione o altri impegni personali, oltre ad aver contribuito all’incremento dell’occupazione femminile e alla partecipazione al mercato del lavoro di categorie che altrimenti ne sarebbero rimaste escluse.
Scelta università, giovani preoccupati. L’indagine Ugl-Luiss: il 63% guidato nella decisione dal lavoro che vorrebbe fare
Quasi due giovani italiani su tre sono preoccupati dalla scelta del percorso universitario da seguire. Il dato emerge da un rapporto Ugl-Luiss Business School condotto su un campione di 500 ragazzi tra i 17 e i 20 anni che hanno la concreta intenzione di iscriversi al primo anno di Università o sono già iscritti entro il secondo anno e devono valutare il percorso universitario più idoneo alle loro aspirazioni occupazionali. L’indagine, presentata in occasione dell’imminente Festa dei Lavoratori, evidenzia che la decisione del percorso universitario è fonte di preoccupazione per il 60% degli intervistati (circa un quarto si è addirittura dichiarato “moltissimo preoccupato”), mentre per il 63% il fattore di scelta più diffuso è il tipo di lavoro che si vorrebbe ottenere in futuro; il 68%, invece, ritiene la competenza informatica tra le più rilevanti nel mondo del lavoro. Il livello di preoccupazione sale scendendo per lo “stivale” e raggiunge il 68% nel sud e nelle isole, mentre scende tra il 52% e 56% al nord. Il non avere, o non aver avuto, un supporto affidabile per compiere tale scelta è la ragione più diffusa (38%) di questa preoccupazione, insieme alla necessità di individuare un percorso che appassioni davvero (40%). Il tipo di lavoro che si vorrebbe avere al termine dell’università è il fattore di scelta più diffuso tra gli intervistati (63%). Meno del 10%, invece, individua questo fattore nei consigli di persone “seguite” sui canali social. In questo ambito, dunque, gli influencer influenzano poco e, comunque, hanno meno peso degli amici che sono già iscritti all’università (indicati dal 20% del campione). Per circa il 42% dei giovani conoscere direttamente il mondo del lavoro e le opportunità esistenti è una necessità prioritaria, mentre per il 38% occorre avere più informazioni sui lavori del futuro e il tipo di competenze utili. Il 37% circa dei giovani dichiara di aver “mediamente chiaro” quali siano le competenze da acquisire all’università per svolgere le attività lavorative più richieste e un altro terzo circa di comprenderle molto o totalmente. Tuttavia, il rimanente 30% di persone ammette invece una mancanza di consapevolezza. Un numero molto elevato, che sale addirittura al 38% per i residenti nelle regioni meridionali e Sardegna. Si conferma l’esistenza nel nostro Paese di un’area di popolazione giovanile in forte svantaggio. L’alternanza scuola-lavoro e la possibilità di cambiare facilmente il percorso di studi universitari sono segnalati dal 27% come sostegno utile. L’apporto della famiglia è ritenuto importante e qualificante da poco meno del 20%, evidenziando l’esistenza di un consistente segmento di giovani che beneficia di un canale appunto familiare utile per prepararsi ed entrare nel mondo del lavoro. Le discipline tecnologiche vengono percepite dai giovani (senza alcuna differenza di genere) come le competenze più rilevanti nel mondo del lavoro: il 68% circa indica Informatica, il 62% Medicina (che comprende Psicologia), il 62% Scienze, Farmacia e Biologia, il 54% Ingegneria. Infine per il 63% del campione è necessario continuare a formarsi anche dopo l’università per aggiornare e affinare nel tempo le proprie competenze e per il 60% di ragazzi è importante acquisire esperienze all’estero.