La contemporaneità per Bauman è “retropia”… I problemi che affliggono la società nella sua ultima pubblicazione

Zygmunt Bauman, sociologo, filosofo, economista, ma soprattutto attento osservatore della società e dei cambiamenti che avvengono al suo interno, è considerato il più grande pensatore del nostro millennio. Tutti gli studenti hanno letto le sue opere e assistito alle sue conferenze, da Tel-Aviv, città in cui ha insegnato per diverso tempo, a Londra, metropoli che lo ha ospitato fino alla sua morte, avvenuta il 9 Gennaio del 2017. Allo stesso anno risale anche il suo ultimo libro, Retrotopia, saggio utopistico per certi versi, dove egli avalla la creazione di un reddito universale di base, ma più reale che mai quando descrive la politica contemporanea e la perdità di identità di tutti gli uomini, schiavi dell’immagine e del consumismo.

L’autore per descrivere la situazione contemporanea si rifà a Hobbes, filosofo del 1600 che descriveva così lo stato di natura: gli uomini vivono in un perenne stato di guerra, gli uni contro gli altri e sono mossi dal “desiderio”, sentimento che si traduce nella continua ricerca di soddisfare i propri desideri, ma questo stato di continua ricerca conduce l’uomo a chiudersi in se stesso e a vivere in uno stato di ansia perpetua. Per concludere, il filosofo inglese afferma che per governare queste ansie, c’è bisogno di una sorta di dittatore, che egli chiama Leviatano.
Bauman, dal pensiero di Hobbes ricava la sua teoria che si concretizza nel Ritorno ad Hobbes e alle tribù. Il ritorno ad Hobbes, osserva il sociologo, si declina con “l’aggressività endemica dell’uomo che ogni tanto sfocia nella propensione alla violenza, e non sembra affatto diminuita, e tanto meno estinta: è ben viva, e sempre pronta a scattare con preavviso minimo, talvolta perfino senza”.
A seguito di questa affermazione, Bauman, citando anche il semiologo e filosofo Eco e altri filosofi fra cui Hegel e Marx, identifica non un singolo leviatano, ma tanti piccoli leviatani che non si prendono le responsabilità del loro tempo. Successivamente, con il Ritorno alle tribù, afferma che il volere dell’élite globalizzata di eliminare tutti i confini.

È opinione dell’autore, quindi, che questo terreno contemporaneo sia fertile per il populismo, status che si rafforza laddove gli individui pensano più al sé che al noi. Bauman ci ricorda, infine, che siamo ad un aut-aut: o ci prendiamo per mano e fronteggiamo tutte le angherie del nostro tempo o finiremo tutti in una fossa comune. Christian Gaole