La preparazione dei defunti compete alle imprese funebri Il caso della salma del marito irriconoscibile ai funerali

Le pubbliche scuse non sono arrivate, ma Elena Temporin alla fine è riuscita a ottenere ancora di più: che lo shock provato al funerale di suo marito non abbia più a capitare ad altre persone. Dietro le nuove modalità di vestizione e preparazione delle salme per il funerale, che dal prossimo 8 luglio all’ospedale di Borgo Roma, e dal 29 luglio in quello di Borgo Trento, non saranno più a carico del personale dei due nosocomi ma direttamente degli operatori delle imprese funebri, c’è anche e soprattutto la battaglia di una giovane vedova di 52 anni di Sona. Elena Temporin, appunto, affiancata da Studio 3A. Lo scorso dicembre aveva destato clamore e sconcerto la sua denuncia della terribile esperienza che aveva vissuto all’estremo saluto del coniuge, Marco Mazzi, commerciante ambulante deceduto ad appena 49 anni, domenica 25 novembre 2018, all’ospedale di Borgo Trento, stroncato da un infarto: un dramma nel dramma. La donna e i figli, già maggiorenni, avevano acconsentito all’espianto degli organi (cornee, valvole del cuore, tessuti, tendini, una rotula e i muscoli), nella speranza che la prematura morte del loro caro potesse quanto meno servire a qualche malato, con la sola richiesta che il corpo fosse presentabile per il funerale. Ma così non è stato. In forza dell’attuale regolamento, ai familiari è stato negato di vedere la salma e di trasportarla nella cella mortuaria dell’impresa di onoranze funebri a cui si erano rivolti: hanno solo potuto portare i vestiti, alla predisposizione hanno pensato gli addetti dell’ospedale. Ma quando, finalmente, un’ora prima del funerale, fissato per martedì 27 novembre, i congiunti di Mazzi hanno potuto vederlo, sono rimasti traumatizzati. “La salma era tutta gonfia e irriconoscibile, in avanzato stato di decomposizione: evidentemente, non era stata conservata in cella frigorifera e non era stata pulita. Siamo rimasti tutti indignati. Mio marito era un uomo meraviglioso, al suo funerale c’erano più di trecento persone: non meritava questo trattamento da morto, questa mancanza di cura e rispetto. Non riesco a capacitarmi di come, nel terzo millennio e in una struttura come l’ospedale Borgo Trento di Verona, possano capitare fatti del genere, frutto di scarsa organizzazione e considerazione nei confronti dei defunti e delle loro famiglie. Non avrò pace finché non sarà chiarito cosa sia successo” aveva lamentato all’epoca la signora Temporin. La quale, per far piena luce sui fatti e sulle responsabilità, attraverso il consulente personale Riccardo Vizzi, si è rivolta a Studio 3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale del risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini. E’ stata quindi inviata una formale lettera di reclamo alla direzione sanitaria chiedendo chiarimenti sull’accaduto e, come la vedova aveva sollecitato, è stato convocato un incontro in cui Elena Temporin e Riccardo Vizzi hanno esposto i fatti e la relativa documentazione a cinque dirigenti dell’Asl 9 invocando interventi. “Quando hanno visto le foto di mio marito prima e dopo sono rimasti profondamente scossi anche loro, le coscienze si sono smosse, come speravo – racconta la donna – Le scuse formali, quelle non me le hanno fatte, ma mi hanno garantito che avrebbero cambiato il regolamento e l’impegno è stato mantenuto. La mia denuncia l’ho fatta soltanto per questo, perché quello che è capitato al funerale di mio marito, e che sono convinta non sia per niente l’unico caso, non abbia più a ripetersi e nessuno debba più passare un’esperienza così traumatica, in un momento di profondo dolore, che ti segna per sempre”. E’ vero che le nuove disposizioni sulla vestizione delle salme in custodia nei locali delle celle dell’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, comunicate agli operatori dall’Asl il 24 maggio, hanno già destato proteste tra le imprese, ma le perplessità sono legate in particolare al ridotto lasso di tempo,45 minuti, concesso per predisporre le salme, e qui il nuovo regolamento andrà senza dubbio rivisto. “Ma sul principio che sia il personale delle imprese a cui i familiari si rivolgono a preparare le salme credo siamo tutti d’accordo – conclude Elena Temporin -: è la migliore garanzia sia per i patenti del defunto sia per le stesse imprese che poi devono rispondere del funerale”.