“La tua maglia è… I57633” La storia del veronese Valletti, che giocò anche nel Milan e poi finì a Mathausen

I giorni della memoria, i giorni di Ferdinando Valletti. Veronese di nascita (aprile 1921), Ferdinando Valletti approdò al Milan nei primi anni 40, proveniente dal Seregno. Piedi piuttosto ruvidi, nelle due stagioni che lo videro indossare la maglia rossonera, il suo nome finì solo nei tabellini di alcune partite amichevoli, complice qualche problema di troppo ad un ginocchio. La sua vita cambiò nel marzo del 1943. Accusato di aver fatto volantinaggio durante uno sciopero allo stabilimento milanese dell’Alfa Romeo, fu arrestato e condotto al carcere di San Vittore, tappa intermedia prima di essere deportato nel campo di concentramento nazista di Mathausen e successivamente in quello di Gusen.
Il cammino di dolore, sofferenza e speranza del “casciavit” Valletti fu raccontato in ogni suo particolare dalla figlia Manuela, venuta al mondo quando il calvario del padre era cominciato da poco.
L’inizio del viaggio verso l’inferno dell’abominio concentrazionario ebbe inizio da quello sciopero all’Alfa Romeo. Ferdinando, da buon gregario, aveva accettato di correre il rischio di divulgare tra gli operai i volantini con le ragioni di quella manifestazione. Nando se la cavava molto bene con i libri. Riuscì a conseguire il diploma di perito industriale che in futuro gli avrebbe consentito di fare strada in ambito lavorativo, fino a diventare dirigente dell’Alfa Romeo. Valletti fu arrestato nella sua casa milanese. A San Vittore vi arrivò in ciabatte, poi lo misero su un treno in partenza dal binario 21, direzione Mathausen.
Il calcio, tuttavia, gli avrebbe salvato la vita. Le SS del campo, infatti, erano solite organizzare partite amichevoli. Ad una squadra mancava proprio il mediano. Una delle belve feroci travestita da essere umano si ricordò di quell’italiano targato “I57633”. Valletti, ridotto ad un mucchio di ossa di soli 39 kg, raccolse tutte le sue forze per rispondere alla convocazione che gli avrebbe consentito di diventare “sguattero”, addetto alla distribuzione delle scorze di patata per i prigionieri.
Dopo un breve provino arrivò La promozione a sguattero, permise a Fernando di aiutare parecchi prigionieri con gli scarti dei pasti delle SS. La libertà arrivò il 5 maggio del ’44. Giunse a casa in condizioni pietose, dieci mesi dopo la nascita della figlia. Nel 1950 tornò, con alcuni colleghi dell’Alfa, a Mathausen. Circa mezzo secolo dopo, decise di togliere il velo sulla sua terribile esperienza, raccontandola ai ragazzi attraverso una serie di incontri a scuola che registrarono un grande seguito.
Tutto questo e anche di più nellibro della figlia Manuela Valletti, che nel 2009 ha pubblicato Deportato I 57633 Voglia di non morire. Ferdinando Valletti, mediano con i piedi ruvidi ma un cuore grande così…