L’albero simbolo del Natale: occhio agli sprechi. Dicembre purtroppo è anche il mese in cui montagne di cibo finiscono nella spazzatura

Luci, regali e tavole imbandite. È entrato nel vivo il momento più intenso dell’anno tra pranzi aziendali, cenoni, ritrovi con parenti e amici, veglione di Capodanno. Ma dicembre è anche il mese in cui montagne di cibo finiscono nella spazzatura. Ogni anno, solo in Italia, durante le festività natalizie lo spreco alimentare domestico aumenta fino al 15%, con circa 500 grammi di cibo buttato per persona ogni settimana. Un paradosso, se si pensa al valore della condivisione legato alle tradizioni religiose pagane, celebrate proprio in questo mese. Eppure qualcosa sta cambiando e lentamente si sta facendo strada una consapevolezza nuova: il vero lusso non è ostentare abbondanza, ma rispettare il valore di ciò che mangiamo. E anche in Italia sta prendendo piede, finalmente, l’abitudine del doggy bag. Che si prepara a conquistare la propria dignità vincendo, soprattutto tra i giovani, assurdi stereotipi ormai considerati fuori moda. Così la vaschetta con gli avanzi del ristorante non è più un tabù, ma un atto di responsabilità. E di stile, verrebbe da aggiungere. Nei Paesi anglosassoni è prassi consolidata da tempo, ma in Italia il cambiamento culturale è recente. Oggi sempre più ristoratori offrono contenitori eleganti, talvolta brandizzati, trasformando il «mi porta via quello che è rimasto?» in un gesto normale, persino apprezzato. Alcuni locali poi hanno fatto del recupero una filosofia, proponendo menù pensati per limitare gli sprechi o donando il cibo invenduto. I giovani, gli studenti e gli attivisti insegnano: non si tratta solo di non buttare, perché portare a casa gli avanzi significa riconoscere che quel piatto ha un valore, che qualcuno lo ha preparato con cura, che risorse sono state impiegate per produrlo. Intanto continua la sua ascesa inarrestabile, con somma gioia di chi continua a indignarsi per le tonnellate di cibo che ogni giorno finiscono nella spazzatura, app come Too Good To Go, che hanno rivoluzionato il modo di combattere lo spreco alimentare creando un ponte tra esercizi commerciali e consumatori. Il meccanismo è semplice: ristoranti, bar, supermercati e panetterie mettono in vendita a prezzi ridotti le «magic box», confezioni a sorpresa con prodotti freschi rimasti invenduti a fine giornata. Una pasticceria può offrire dolci natalizi del giorno prima a un terzo del prezzo, un ristorante stellato una selezione del proprio menu, un supermercato ha a disposizione frutta e verdura prossime alla scadenza, ma ancora perfettamente commestibili. Magari semplicemente ammaccate, o meno perfette degli altri prodotti. Sotto Natale, quando la produzione di cibo aumenta esponenzialmente, queste piattaforme diventano ancora più preziose. Permettono di salvare dai rifiuti tonnellate di cibo, trasformando questo gesto in un’esperienza positiva: si risparmia, si scopre, si contribuisce a un impatto ambientale minore. D’altronde dietro ogni confezione buttata ci sono litri d’acqua, energia, lavoro, trasporti. Basti pensare che, a livello globale, circa un terzo del cibo prodotto viene buttato, generando l’8% delle emissioni di gas serra mondiali. In Italia, ogni famiglia spreca in media 75 chilogrammi di cibo all’anno, per un valore di circa 6,5 miliardi di euro. Magari potrebbe non suonare facile le prime volte. Ma se, quando ceniamo fuori, chiediamo di portare via ciò che rimane, affermiamo dei valori e rafforziamo un nuovo concetto di lusso non legato all’abbondanza sfrenata, ma alla qualità, alla sostenibilità, alla consapevolezza delle proprie scelte.