Le professioni dimenticate: parrucchieri e baristi “Noi, rischiamo di dover chiudere”

IL PARRUCCHIERE: “Dimezzero’ il personale”

F.T. 62 ANNI, di Verona
“E’ incredibile quello che sta accadendo. Non c’è rispetto per chi lavora, soprattutto per le pccole e medie imprese. Io ho 6 ragazze assunte, che devo fare in attesa del primo giugno? Le tengo, potranno ancora lavorare, con le restrizioni di cui si parla? O le devo mettere in cassa integrazione? Ci avessero almeno dato indicazioni precise: quanti metri a disposizione, quanti posti utilizzabili… Io potrei ricavare altri spazi nello stesso negozio dove lavoro, in centro città. Ma nessuno dice niente. Poi non capisco tutto questo ritardo, come se fossimo noi la categoria più a rischio contagio. Io ho già tutto pronto, guanti, mascherine addirittura con l’insegna del locale, gel, non ci sarebbero problemi. Ma così è dura, per me, ma penso soprattutto per chi ha magari negozi più piccoli, per chi aveva appena intrapreso la professione. Come faranno? Qui non si rendono conto che stanno ammazzando una categoria e non solo una categoria. Dopo tre mesi come questi, con la ripresa prevista, con le restrizioni imposte, faremo 7-8 “teste” al giorno, quando prima ne facevamo 40-50. Io credo che, se non cambiano qualcosa, sarò costretto a ridurre il lavoro e, probabilmente, a lasciare a casa almeno la metà delle ragazze assunte. E come me, so di altre situazioni analoghi, se non peggiori. Penso ad esempio a chi aveva appena aperto e dovrà, per forza, chiudere. E’ questo che vogliono?”.

IL BARISTA: “Io non Riaprirò mai più”

E.T. 34 ANNI, di Verona
“Io credo di non riaprire il primo giugno e forse non riaprirò mai più. Probabilmente cambierò lavoro e chiederò al Governo di procurarmene uno. Avevamo appena aperto, io e la mia ragazza, un bar tranquillo, per giovani, semplice, ma che “tirava”. Non guadagnavamo molto, diciamo che per ora “ci stavamo dentro”, ma l’avevamo messo in conto. Cominci, cerchi di contenere le spese, di non esagerare, poi piano piano ti fai la clientela, il passaparola aiuta, ti inventi qualcosa, l’aperitivo giusto, lo stuzzichino che ci vuole, eccetera. Niente di eccezionale, ma avevamo messo in conto un anno di sofferenza, prima di cominciare a vedere i risultati. Adesso, questi tre mesi qua e le scelte del Governo ci spiazzano. Chiaro, il Governo con c’entra col virus, ma adesso aspettavamo una spinta, qualcosa che ci desse un po’ di coraggio, non solo a noi, tra l’altro. Ora la prospettiva è di riaprire il primo giugno, con tutte le norme che sono state imposte, con la prospettiva di fare due-tre clienti al massimo, contemporaneamente… Se prima avevamo calcolato un anno, ora ce ne servono dieci. E per tutto questo tempo, cosa facciamo? Dove andiamo a mangiare? Immagino sia dura decidere anche per il Governo, ma un po’ di coraggio in più non sarebbe stato sbagliato. Perché di situazioni come la nostra, ne conosco almeno una decina. Tutta gente che da domani sarà senza lavoro”.