Liste d’attesa, la vertenza non rientra Bigon: “E’ legittimo commissariare”. Contro Zaia e Lanzarin è partito anche il fuoco amico di Tosi e Valdegamberi. Intanto dalle corsie degli ospedali veneti continua la fuga di medici e infermieri
I mali della sanità veneta, con le liste d’attesa in primis, sono diventati il tema centrale per la politica con prese di posizione assolutamente trasversali. Sia il presidente Zaia che l’assessore Lanzarin sono finiti nel mirino del centrodestra come del centrosinistra. Contro le liste d’attesa e gli scarsi finanziamenti per ridurle si è scagliato Flavio Tosi di forza Italia, ex assessore veneto alla sanità, poi il consigliere della stessa lista Zaia Stefano Valdegamberi e questa mattina la consigliera regionale del pd Anna Maria Bigon che ha fornito altri numeri sulla crisi del sistema sanitario veneto, che vede sempre più favorite le strutture private convenzionate rispetto agli ospedali pubblici. Zaia la settimana scorsa aveva fortemente criticato l’ipotesi che il ministero della Salute potesse commissariare il Veneto per lo scarso impegno nella lotta alle liste d’attesa, ma secondo Bigon “il commissariamento sarebbe legittimo, perché i presupposti ci sono tutti. La Regione su questo capitolo mette solo i finanziamenti che gli arrivano da Roma”. E aggiunge: “Sono trascorse solo alcune settimane dall’annuncio del presidente uscente della Regione Veneto, Luca Zaia, riguardo a un presunto miglioramento nella gestione delle liste d’attesa. Tuttavia, la realtà evidenzia una situazione ben diversa rispetto a quella descritta”. Bigon ha voluto con sé i volontari degli sportelli di mutuo aiuto per il diritto alle cure, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione sulla vertenza delle liste d’attesa, ancora lungi dall’essere superata nonostante il lavoro incessante del personale sanitario e sociosanitario. “Le liste d’attesa sono ancora un tema di stretta attualità: gli sportelli di mutuo aiuto del territorio registrano diverse richieste di persone che non riescono a ottenere dal Cup l’appuntamento nei tempi prescritti dalla ricetta medica; nei dati forniti dal Ministero raggiunge un livello allarmante (il 7,4% della popolazione) la percentuale di cittadini veneti che rinunciano a curarsi perché non trovano risposta nella sanità pubblica e non possono sostenere i costi delle prestazioni private, rinunciano a curarsi; continua la fuga di medici e infermieri dal pubblico”.
Programmazione assente da 20 anni. Diversi cittadini sono costretti a richiedere prestazioni anche in altre Regioni
Per fare un esempio, “per l’intervento alla cataratta l’attesa nel servizio pubblico è di due anni, mentre nel privato convenzionato pagando 3mila euro puoi farlo subito”. “Questo andamento – sottolinea la consigliera – è la logica conseguenza di una mancata programmazione ventennale. I pronto soccorso privati hanno visto aumentare gli accessi dai 147.041 ai 153.153 accessi del 2023, mentre la relazione regionale sul settore sociosanitario evidenzia “una riduzione dei ricoveri per residenti in Veneto (da 90.712 nel 2022 a 88.732 nel 2023) e delle prestazioni ambulatoriali regionali (da 9.056.677 a 8.751.514)”. In queste condizioni, infatti, diversi cittadini sono costretti a richiedere le prestazioni anche in altre Regioni”. In febbraio la Giunta veneta ha messo però sul piatto 40 milioni di euro. “Bene lo stanziamento, ma deve essere solo un primo passo. Le risorse stanziate devono andare prima a difesa della sanità pubblica e devono essere strutturali e laddove la normativa da modificare è quella statale, la Regione deve attivarsi in Conferenza Stato – Regioni. Proseguendo con la logica dell’emergenza non riusciremo a risolvere il deficit di attrattività della sanità pubblica”. Mancano 3.500 medici secondo le dichiarazioni della stessa Giunta regionale. E i bandi vanno deserti, sostiene Zaia. “È necessario procedere a nuove assunzioni e valorizzare il personale con meccanismi premianti per chi sceglie di lavorare nel pubblico. Senza interventi immediati, il rischio è che il sistema pubblico diventi sempre meno sostenibile, obbligando a scelte estreme per coprire le carenze. Il nostro obiettivo è sostenere la sanità pubblica con investimenti concreti nel personale, un rilancio della sanità territoriale con l’attivazione delle Case di Comunità, l’ammodernamento tecnologico a partire dalla telemedicina, maggiore trasparenza sulle liste d’attesa e un uso efficace della digitalizzazione per migliorare l’accesso e la qualità delle cure”. Gli sportelli territoriali di mutuo aiuto sono 22, gestiti da volontari che forniscono assistenza alle persone, specie anziane, che non riescono a trovare risposte dal pubblico alla richiesta di prestazioni e visite specialistiche entro i termini previsti dalla prescrizione medica come ha spiegato la referente per il coordinamento Cristina Ceriani.. C’è poi l’altro capitolo, sempre più spinoso: l’insufficiente assistenza per gli anziani. Mancano case di riposo. La lista d’attesa nel Veronese vede almeno 1600 anziani che aspettano un posto. “Le liste di attesa per entrare in Rsa con impegnativa di residenzialità nel veronese sono cresciute dalle 954 unità del 2022 alle 1.133 del 2023 alle 1.451 del 2024. Imponente la progressione anche a livello regionale: 7.582 domande in coda nel 2022; 8.981 nel 2023; 10.452 nel 2024. La falsa partenza del “ruolo unico” per i medici di base, con solo 35 domande nel veronese a fronte di oltre 350 incarichi vacanti rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme che non può essere ignorato” conclude Bigon. MB