L’Italia e il senso geopolitico invertito – intervista esclusiva al professor Korinman La Penisola si sta “jugoslavizzando” in un equilibrio instabile tra la Cina e la Nato

Se e come la pandemia cambierà gli assetti geopolitici internazionali, lo abbiamo chiesto a Michel Korinman, Professore emerito di geopolitica alla Sorbona di Parigi, Direttore della rivista Mondo Nuovo che nel numero speciale sul Covid-19 appena pubblicato ospita in oltre 700 pagine 16 carte geografiche e 67 contributi di analisti, docenti universitari, giornalisti, giuristi, imprenditori, medici e psichiatri.

In questo scontro tra due imperi, qual è il futuro geopolitico dell’Europa e, in particolare, dell’Italia?
Se l’Eurozona e l’Unione Europea dovessero implodere (certamente non solo) a causa della loroncapacit. di risolvere la crisi del COVID-19, è perchè l’alleanza tra liberali e marxisti, poggiando sulla supremazia economica (l’infrastruttura), avrà trionfato sull’Europa politica (senza la quale il progetto non aveva senso) e sull’Europa culturale ridotta allo stato di pratiche (a volte utili e gioiose come l’Erasmus). Proviamo a immaginare, nello stile di George Friedman, tale Europa post-Covid. Il Regno Unito è uscito dal gruppo (e non tornerà); con l’ambizione, d’ora in poi, di raggiungere lo status di (vasta) Singapore occidentale, l’immagine della città-stato confuciana nella lotta contro COVID-19 rafforza senza dubbio finora questa aspirazione. La Svezia, che inizia a interessarsi alle questioni ambientali dalla prima metà del ventesimo secolo, si rifugerà, rafforzata in questo dalla purificazione dell’aria grazie al COVID-19, nell’ecologia totale che vi ha luogo come una religione di stato. La Finlandia guarda al cugino estone. I Paesi Bassi rimangono e rimarranno ideologicamente calvinisti (fedeli all’etica weberiana del protestantesimo), anche se nel 2018 il Paese aveva il 24% di cattolici contro il 15% di protestanti e circa il 51% laico. Non é certo che il Belgio sopravviverà in modalità pseudonazionale; in caso di dissoluzione, fiamminghi e valloni dovranno (molto dolorosamente) negoziare lo status dell’ex capitale di fatto dell’UE. A Vienna, si compiacciono di aver superato la crisi sanitaria relativamente bene come il giovanissimo cancelliere Sebastian Kurz (48% delle intenzioni di voto nei recenti sondaggi); il modello citato dal ministro delle Finanze Gernot Blümel sarà la Svizzera, che non avrebbe mai considerato l’adesione all’Unione e il dover compensare i deficit dell’Europa meridionale… La penisola si sta yugoslavizzando – con senso geo-politico invertito – in un equilibrio instabile tra le affinità cinesi sul piano economico (One Belt, One Road, porti del Nord-Est italiano) e la presenza militare (fino a quando obbligatoria?) all’interno della NATO26. La nuova cortina di ferro sul confine italo-francese con, forse, picchi di simpatia franco-gallica in Valle d’Aosta e un’alienazione sinofobica (ricordi del titismo) delle minoranze slave a Trieste e Gorizia… Caso da seguire. il dibattito è aperto.

Dalla storia non impiariamo quasi nulla

L’unica cosa che impariamo dalla storia è che non impariamo nulla dalla storia.
Non sappiamo se Hegel avrà ancora una volta ragione. Di certo il 2020 sarà ricordato come l’anno zero della geopolitica globale. Il Covid-19 ha stravolto e accelerato dinamiche e rapporti di potere nello scacchiere internazionale, almeno come lo avevamo conosciuto dal Secondo Dopo Guerra. È l’ora del disordine, anticamera di quel che sarà il nuovo ordine mondiale di cui il secondo numero della nostra rivista prova a tracciare i contorni. Impresa certo ardua e ambiziosa che ha richiesto uno sforzo collettivo di un eterogeneo coro di saperi diretto dal Prof. Michel Korinman.