Ma a voi funziona? In Veneto sembra che l’app non sia stata mai davvero attivata Il pasticcio (che la Regione e le Ulss, di fatto, hanno ammesso) sarebbe nato dal mancato inserimento dei dati dei casi sospetti di contagio nei “cervelloni” informatici. Fiocanno le polemiche e il guaio potrebbe riguardare anche altre zone. Cittadini a dir poco perplessi

Scusate: a voi “Immuni” fun­ziona? In Veneto pare che non vada, e questo, con­si­derando l’elevato numero di contagi da quando l’App è stata resa disponibile dal mi­nistero della Salute – ai pri­mi di giugno (con calma, nessuna urgenza…) – spie­gherebbe perché non ci si sia un genitore, un fratello, un amico, un conoscente, un cugino di secondo o ter­zo grado che abbia ricevuto l’avviso di aver avuto a che fare per qualche minuto con un positivo al virus o pre­sun­to tale. Se a voi è giunta notizia o una notifica fateci un fischio, mandateci una mail, suonateci il cam­pa­nel­lo della redazione e tem­pe­stivamente ne daremo con­to.

IL CASO
Il sospetto che l’App dal­le nostre parti non funzioni è diventato qualcosa di più dopo che il Corriere del Ve­neto ha riportato la seguen­te notizia che sintetizziamo. Un signore di Padova appe­na risultato positivo al tam­pone, dopo aver avvisato colleghi e amici coi quali era stato a distanza ravvicinata nei giorni precedenti, ha chiamato l’Ulss per con­di­videre i dati dell’App che avrebbe dovuto tracciare anche tutti gli altri contatti avuti nelle ultime settimane. Sennonché l’operatore del­l’a­zienda ospedaliera gli a­vrebbe risposto che “non c’è una procedura per utilizzare il codice di Immuni, perché al momento l’App in Veneto non è attiva”. Sarebbe an­data così in tante altre cir­costanze con persone di tut­te e sette le province. Ma co­me: dopo 4 mesi dal lancio (tardivo) Immuni an­cora non funziona, e per di più non in un paesino sper­duto, ma in una regione di 5 milioni di abitanti, crocevia commerciale e metà turi­stica tra le più frequentate d’Eu­ropa? Da non crederci, e invece la conferma sem­bra che sia arrivata dalla Re­gione la quale – riporta sempre il Corriere – inter­pellata avrebbe dichia­ra­to che “la procedura di in­se­ri­mento dei codici do­vrebbe par­tire nei prossimi giorni” che “la piattaforma in­for­ma­tica che mette in re­lazione i soggetti positivi con gli eventuali contatti è pron­ta” e che dalla prossima settima­na l’App dovrebbe essere perfettamente fun­zio­nante. Ma sì, non c’è fretta, lo ri­petiamo. Il pro­ble­ma, va det­to, pare che ri­guardi anche altre zone d’I­talia, e ciò non fa che aggra­vare il quadro. Chiariamo. Non pensiamo affatto che Im­muni scon­figgerà la pandemia, però se utilizzata con intelligenza può essere molto utile.

INFERNO BUROCRATICO
Ma se a oggi in Italia l’hanno scaricata solo 8 milioni di persone (stando agli studi i download, per­ché sia dav­vero utile, do­vrebbero esse­re 32 milioni, il quadruplo), qualche do­man­da bisogna por­sela. Superficialità degli italiani? In parte è sicura­mente così. Difficoltà a sca­ricare l’App? Anche, e vi sono parecchie testimo­nian­ze. Scarsa infor­mazione da parte del gover­no? Questo no, anzi, il mes­saggio è martellante. Esiste però un problema di tempi: quando una persona comu­nica alle auto­rità sanitarie di aver incontrato un poten­ziale po­si­tivo scatta un’im­placabile macchina buro­cra­­tica fatta di attese al centralino, attese per fare il tampone, attese per avere i risulti, e tale iter ha con­vinto un mucchio di persone a lasciar perdere l’App. Certo: se poi Immuni non funziona non sia hanno di questi problemi.

IL COMMENTO DELLA CGIL VENETO
“Che in Veneto Immuni si scarichi ma poi non si rie­sca a fare effettivamente il trac­cia­mento è molto grave”, commenta il segre­ta­rio re­gionale della Cgil del Ve­neto, Christian Ferrari. “An­­che perché”, continua, “l’App per il trac­ciamento del con­tagio da coronavirus è sta­ta sca­ricata da decine, anzi centinaia di migliaia di citta­dini, tra i più ligi a livello nazionale. Persone convin­te di avere in questo modo una tutela in più e di con­tribuire al contenimento del con­tagio”, aggiunge il sin­da­calista, “mentre invece non era così, a causa del­l’inefficienza, per non dire lo scetticismo, di chi doveva provvedere a far funzionare il sistema di tracciamento”.