Non è l’apocalisse! Stiamo molto meglio rispetto a marzo Il 94% degli italiani sono asintomatici e molti, lo affermano i medici, non sono nemmeno in grado di trasmettere l’infezione. La guardia va tenuta alta ma non bisogna fare terrorismo psicologico. Le terapie intensive sono quasi vuote e si muore molto meno: i dati sono questi

«Record di positivi: mai così tanti dal giorno “x”». La for­mula è tornata in auge, e te­cnicamente è corretta. Però in pochi ricordano tutti gli al­tri dati dello scorso inverno-primavera, quando il Covid riempiva le terapie inten­si­ve, la carica virale era alle stel­le e morivano persone a grappoli. Oggi l’impennata dei casi è sotto gli occhi di tutti, ma occorre fare chia­rez­za sulle cifre: “no” alla sottovalutazione del rischio, ma “no” anche al terrorismo psicologico. La formula «ma­i così tanti da…», nel caso specifico «dal 16 a­prile», è stata riesumata uf­ficial­mente il 7 ottobre, quan­­do il bollettino della Pro­tezione civile recitava così: 125.314 tamponi ana­lizzati, 3.678 positivi, 31 de­cessi. Il 16 aprile però i pa­zienti in terapia intensiva e­rano 2.936. Il 7 ottobre 337. Il 16 aprile le morti collegate al Covid erano 525. E il 16 aprile erano stati analizzati la metà dei tamponi: 60.999. Vediamo anche i dati del 9 marzo, primo gior­no di lockdown in Italia. Era­no stati ufficializzati 1.598 casi, ma a fronte di soli 53.826 tamponi. In terapia intensiva c’erano 733 pa­zienti. Il virus sta ri­pren­den­do quota, non c’è dub­bio, e l’autunno-inverno, l’in­fluen­za stagionale, e l’inevitabile ulteriore impennata di tam­poni non potranno che de­terminare un altro in­cre­mento dei contagiati. E però i numeri vanno analizzati senza drammatizzarli. E i numeri, al momento, ci di­cono che l’Italia non è mes­sa poi così male. Il 16 aprile gli “attualmente positivi”al vi­rus erano 106.607, ossia lo 0,18% della popolazione. Oggi (nel momento in cui scriviamo il dato aggiornato non è ancora disponibile) so­no poco più di 80 mila, circa lo 0,13. Tutti i maggiori esperti (Zangrillo, Remuz­zi, Galli, Rigoli, Le Foche) ripetono che la carica virale si è abbassata notevol­men­te, che positivo non significa malato e che moltissime per­sone non sono nem­me­no in grado di in­fettare. Mol­ti laboratori, nel­l’analisi dei tamponi, per tro­vare tracce di virus ingran­di­scono il genoma virale an­che di 35 volte. Il che si­gnifica: con­tinuiamo a in­dos­sare la ma­scherina, fac­ciamo atten­zione, ma non torniamo a parlare di peste bubbonica come accadeva 8 mesi fa: non era vero al­lora e a mag­gior ragione non lo è oggi. Inoltre, se a­na­lizziamo i dati degli altri Paesi europei, ca­piamo im­mediatamente co­me la si­tuazione in Italia è molto mi­gliore: siamo al li­vello della Germania e re­gistriamo me­dia­mente un terzo dei nuovi contagi di Francia, Belgio, Inghilterra e Spagna. In Italia, lo ha ribadito il pro­fessor Re­muz­zi (direttore dell’istituto di ricerche far­ma­cologiche Ma­­rio Negri), il 94% dei positivi è asinto­matico. In Veneto la percen­tuale sale al 95. In Cam­pa­nia, stando ai dati comuni­cati dalle Asl del territorio, addirittura il 98. Rispetto alla prima set­timana di mar­zo è cresciuta l’età media delle persone decedute: al­lo­ra era di 79,74 anni, oggi è di 81,59: è molto pro­babile che sul dato abbia in­ciso il miglio­ra­mento delle cure.

Alessandro Gonzato