Non si tiene conto del referendum… neanche in Crimea

Di Alessandro Gonzato

L’Unione Europea sta alla Crimea come l’Italia al Veneto. Esagerato? Forse, ma la realtà, innegabile, è che entrambe le istituzioni centrali fanno di tutto per soffocare le legittime aspirazioni dei due territori. La penisola del Mar Nero, un gioiello culturale-paesaggistico, è alle prese con le sanzioni imposte dall’Ue alla Russia a seguito della decisione del 94% dei cittadini di votare per affrancarsi dall’Ucraina e tornare sotto Mosca. Per l’Ue il voto non è valido. In termini pratici, per arrivare in Crimea (dall’Italia basterebbero 2 ore) bisogna fare scalo a Mosca, in tutta la regione funzionano solo le carte di credito russe, con le tessere straniere non si può nemmeno prelevare al bancomat, i nostri telefoni non vanno, importare cibo e materiali costa un occhio della testa. Le sanzioni, per noi veneti, sono invece le tasse imposte da Roma: si lavora, duramente, un giorno per lo Stato (che usa i soldi per appianare i debiti delle Regioni sprecone) e l’altro per il nostro portafogli. Il governo, proprio com’è capitato alla Crimea, non tiene conto del referendum con cui 2 milioni 300 mila veneti hanno chiesto che parte delle gabelle scucite tornino qui sottoforma di servizi. È democrazia?
Alessandro Gonzato