Operazione sull’ex seminario colpita dalla crisi del settore L’area è stata venduta per 60 milioni. Il nodo Imu e Tasi

Dall’ultimo bilancio della società San Massimo Srl (in liquidazione) emergono per la prima volta le reali dimensioni economiche di quello che si sta preparando all’ex Seminario Maggiore di San Massimo, di cui si parlerà con i cittadini del quartiere nell’assemblea pubblica convocata per oggi martedì 5 Novembre alle 20:30 in Sala Civica di Via Anselmi a San Massimo con Michele Bertucco, consigliere comunale; Marco De Pasquale, consigliere della Terza Circoscrizione e Giuseppe Campagnari, urbanista. L’area, come sottolinea Bertucco in una sua nota, è stata venduta dalla Curia di Verona con preliminare di acquisto datato 19 marzo 2008 per 60 milioni di euro circa. Di questi 60 milioni, 49,3 milioni oltre oneri sono già stati incassati a seguito di rogito notarile del 25 luglio 2012 che ha sancito il passaggio di proprietà dell’80% della superficie. L’accordo prevedeva che il saldo, calcolato in altri 19,1 milioni di euro, venisse pagato in otto rate semestrali con ultima scadente il 31 agosto 2016. La San Massimo Srl è composta dalle imprese L.P. Partecipazioni (famiglia Lonardi), Marconcini Impresa Costruzioni Edili, Fedrigoli Costruzioni, Palladium Italia Srl (milanese), Biondani Tmg Spa, Impresa Bosco e Bottoli Arturo Spa . Con questa prima acquisizione la San Massimo Srl aveva ottenuto un finanziamento ipotecario con una linea di euro 24,8 milioni con scadenza iniziale il 25 luglio 2014 e una linea (di firma convertibile in linea di cassa) di euro 19,1 milioni con scadenza il 30 giugno 2016. Contestualmente aveva inoltre sottoscritto con la Curia un secondo contratto preliminare per l’acquisizione della seconda tranche dell’area (pari a circa il 20 per cento della superficie) ad un prezzo di euro 13,2 milioni (oltre ad iva) con scadenza iniziale il 30 dicembre 2014. Il secondo contratto prevedeva che il saldo avvenisse non con mezzi monetari ma mediante la realizzazione di opere il cui dettaglio era contenuto nel compromesso. mettere i bastone tra le ruote all’operazione sarebbe sopraggiunta la “grave crisi del settore immobiliare” che ha costretto a “rivedere l’intero piano di sviluppo” e “a porre in stallo operativo l’iniziativa immobiliare”. Attual­mente la cordata è alla ricerca di “partner interessati al progetto di sviluppo anche per quanto concerne l’eventuale ingresso nel capitale”. Questo spiega perché lo stato di liquidazione della San Massimo Srl non significa necessariamente la rinuncia all’operazione. “Anzi”, come dice Bertucco, “ abbiamo già visto come la Curia e la stessa San Massimo Srl, con la Variante n.5 al Paqe, Piano d’Area Quadrante Europa, si siano prodigate per chiedere alla Regione mano libera al fine di aumentare la quota di commerciale autorizzata (21 mila metri quadrati, un altro Adigeo…). Si spiega inoltre lo stravolgimento subito dal progetto iniziale che prevedeva un borgo con circa 9.100 metri di commerciale da impiegare per botteghe artigiane e negozi di vicinato. E’ chiaro invece che si sta lavorando per costruire l’ennesimo centro commerciale”. Meno chiaro è l’atteggiamento del Comune: agli atti della Vas non risulta l’osservazione della Direzione Ambiente che metteva in guarda sulla nuova ondata di commerciale. Inoltre non è chiaro l’atteggiamento dell’amministrazione su Imu e Tasi arretrati: la società “ha provveduto a stanziare un apposito fondo rischi e oneri con riferimento alle sanzioni amministrative per tardivo versamento”.