Il Veneto volta pagina, si è chiusa l’era Zaia durata 15 anni e si apre quella di Alberto Stefani, giovane leghista nuovo presidente della Regione. I primissimi exit poll danno in netto vantaggio Stefani con una forbice tra il 58- 59 e il 62-63% mentre Manildo è accreditato tra il 32 e il 34,5, al massimo 36%. Tra gli altri tre candidati forse Szumski a sorpresa potrebbe avere un discreto risultato. Quindi come previsto da Zaia con la sua maggioranza monolitica e praticamente monocolore si passa a un presidente di Regione ancora leghista ma circondato da almeno 5 o 6 assessorati di peso di Fratelli d’Italia e altri di Forza Italia. E ora partiranno le trattative per gli assessorati.
IL DERBY. E qui entra in campo la seconda sfida, il derby tutto interno al centrodestra. Stefani ha vinto comodamente come era scontato, ma ha stravinto? Come finirà la sfida tra Lega e Fratelli d’Italia? Pare al momento che ci sia un testa a testa tra i due partiti ma quanto ha pesato il voto disgiunto che fa prendere voti al lighista Szumski? E la Lega riuscirà ancora a stare davanti a Fratelli d’Italia che era stato primo partito del Veneto alle Europee? Un duello interno alla coalizione molto importante perché potrebbe determinare pesi e richieste in vista del voto per la Regione Lombardia. CROLLO AFFLUENZA. Un crollo. Ha votato meno di un elettore su 2. A livello veneto si è passati dal 61% del 2020 ad appena il 44% di quest’anno. E anche Verona si è fermata attorno al 44%. Il dato più basso della sua storia elettorale. Quanto ha contato questa fortissima astensione? Una flessione quest’anno quindi poteva anche essere messa nel conto. Ma non di queste proporzioni. Una disaffezione al voto che si spiega in molti modi: l’esito scontato della contesa con il centrodestra sempre favorito; la mancanza di un election day per cui si è votato solo per la Regione e nessun Comune o referendum; la campagna elettorale molto breve; il disinteresse nei confronti della politica regionale che non scalda i cuori degli elettori; la politica sempre più ridotta a una riserva di caccia per gli addetti ai lavori per cui l’elettorato d’opinione si sente escluso, non coinvolto. Ci siamo già dimenticati le settimane la triste manfrina e il tira-e-molla sul candidato presidente del centrodestra per il dopo Zaia? I politici adesso butteranno la croce addosso agli elettori che da irresponsabili non sono andati alle urne per scegliere i candidati; è vero che votare è un diritto-dovere e chi non ci va poi è inutile che si lamenti perché delega tutto agli altri, però è altrettanto vero che la responsabilità di questo astensionismo i politici la devono cercare in casa loro con un bell’esame di coscienza.
Manildo raddoppia i voti di Lorenzoni. Era dalle consultazioni del 2005 che il Centrosinistra raccoglieva un crollo dopo l’altro
Era stato facile prevedere il calo dell’affluenza ma un dato così basso fa veramente riflettere: sotto il 50% è davvero una percentuale che, come aveva detto il politologo Paolo Feltrin alla Cronaca di Verona ancora un mese fa, segnala l’esistenza di un problema. Giusto per un confronto: nel 2005 l’affluenza fu altissima, 70,4%; nel 2010 il 66,4 quindi sempre molto alta; una leggera flessione nel 2015 quando l’affluenza si fermò al 57,16 e nel 2020 complice il Covid risali al 61,15. CENTRODESTRA DA SEMPRE AVANTI, CENTROSINISTRA INSEGUE. Il centrodestra ha vinto largamente come al solito, ma Manildo comunque raddoppia la percentuale raccolta 5 anni fa da Lorenzoni. Era dalle elezioni regionali del 2005, quelle che videro l’uscente doge Giancarlo Galan contro l’imprenditore Massimo Carraro (c’era ancora l’Ulivo…) che il centrosinistra raccoglieva un crollo dopo l’altro: dal 42,3 di Carraro vent’anni fa, al 29,3 di Bortolussi contro il primo Zaia nel 2010; poi il 23,3 di Alessandra Moretti nel 2015 e infine cinque anni fa il 16,4 di Lorenzoni contro uno straripante Zaia che arrivò al record del 77%. Ora Manildo comunque supera la soglia del 30%. E a parte questo exploit del 2020, il centrodestra ha sempre conquistato larghe vittorie: dal 53,28 di Galan contro Carraro (Forza Italia era primo partito e c’era ancora Alleanza nazionale), al 60,7 con cui Zaia vinse per la prima volta contro Bortolussi e il doge era sostenuto dall’allora Popolo delle libertà, Lega primo partito con il 35,1%; poi nel 2015 Zaia viene riconfermato con il 52,19 per il centrodestra e infine nel 2020 come si diceva il 77% in pieno Covid.



