Ovidio e l’inversione del paradigma L’autore ha raccolto nella sua opera 21 epistole scritte da donne greche ai loro amanti

La poesia lirica antica di argomento amoroso adotta spesso il punto di vista maschile, nella descrizione del corpo femminile, delle sofferenze d’amore, dei fugaci momenti di felicità come della disperazione che fa seguito ai litigi o alla separazione degli amanti. Da Catullo ai componimenti elegiaci di Tibullo e Properzio, dominano le figure di donne affascinanti e volubili, capaci di stregare il poeta – o meglio l’io lirico – ma anche di abbandonarlo al dolore quando cambiano le condizioni della passione amorosa. L’attesa e il desiderio diventano componenti fondamentali dell’esperienza sia relazionale che poetica, così come il lamento e la sofferenza, mentre la figura femminile assume i connotati di un’amante e musa irraggiungibile. In questo contesto letterario si nota molto la portata innovativa delle Heroides di Ovidio (letteralmente “Eroine”): si tratta di una raccolta di 21 epistole immaginarie – di cui probabilmente alcune non autentiche – che alcuni famosi personaggi femminili della mitologia greca e latina rivolgono ai loro amanti. L’inversione del paradigma consente al poeta di esplorare questa volta la sensibilità femminile, prendendo come pretesto alcune vicende di amori infelici appartenenti al patrimonio mitico, e indagando una complessità di sentimenti quali il rancore, la tenerezza, la nostalgia… Emergono ritratti drammatici, che si stagliano in primo piano rispetto agli uomini questa volta assenti e disinteressati; il contesto della sofferenza amorosa si apre a uno spettro di emozioni più ampio, le cui sfumature sono espresse in prima persona dalle “eroine”, tra cui è inclusa anche Saffo (unico personaggio storico). La sezione delle ultime 6 epistole contiene eccezionalmente anche le fittizie risposte immaginate per la controparte maschile. Tra i versi si notano le influenze di altri generi letterari, come la tragedia, l’epica ellenistica, il romanzo greco; ma l’esplicito punto di vista femminile conferisce all’opera un sapore tutto nuovo rispetto al panorama letterario contemporaneo. Così Ovidio dà voce a Penelope che esorta Ulisse a non indugiare troppo nelle sue peregrinazioni prima di tornare a Itaca, tanto più dopo le preoccupazioni di saperlo in guerra per dieci anni; a Didone che rivolge le sue ultime parole di amore e maledizione a Enea; ad Arianna che riversa tutta la sua ira su Teseo che, più spietato di una belva, l’ha abbandonata su un’isola deserta; ad una Medea implacabile e ottenebrata dalla gelosia («Finché ci saranno ferro e fuoco ed essenze velenose, nessun nemico di Medea resterà impunito»); a una Saffo che nello struggimento per il meraviglioso Faone si getta dalla rupe incontrando il suo destino nelle acque di Leucade. Sono solo alcune delle vicende narrate, ma tutte superano i confini della voce narrante maschile per gettare luce sulle passioni più nascoste e divoranti dell’universo femminile. EffeEmme