“Par lu emo speso un bel po de schei” Jack Galanda ricorda il primo incontro con Vicenzi. “Capii senza bisogno di una traduzione...”. “Verona decisiva nella mia crescita sportiva e umana...”

Il gigante non ha dimenticato. “E come puoi dimenticare un’esperienza come Vero­na?”. Era poco più di un bambino, sul quale tutti erano pronti a scommettere. “Verona è stata la prima occasione per mettersi alla prova, per capire
davvero quale poteva essere il mio futuro…”. Verona è,prima di tutto, l’incontro con la famiglia Vicenzi. “Loro sono fantastici, hanno portato Verona ai vertici e si capiva facilmente perchè…”.
Il grande Jack ricorda il primo incontro con Giuseppe Vicenzi. “Beh, lui mi guardò, mi strinse la mano e mi disse:
“el guarda che par lu emo speso tanti schei”. Capii senza
bisogno di traduzione, che cosa voleva dire, che cosa mi
chiedeva, così come lo chiedeva alla squadra. Impegno, serietà, sacrificio”.
Al resto, pensava un certo Franco Marcelletti. “Grande tecnico, uno che non scherzava certo. Facevamo anche 8 ore di allenamento, un martello che però ti aiutava a crescere, a capire che cosa avresti trovato lungo la strada”.
Una strada zeppa di sorrisi. “Mah, lo sport è questo, se lo vivi con lo spirito giusto. Lo sport è divertimento, prima di tutto. Il che non vuol dire solo vincere, ma imparare anche
dalle sconfitte. Lo sport è sfida con te stesso. E’ rispetto. E’ una scuola di vita, perchè per farti largo sotto canestro, devi allargare i gomiti, parare i colpi magari qualcuno portarlo pure tu”.
Ha smesso da campione, come avrebbe voluto. Con la gente a urlare il suo nome, la sua grinta, il suo coraggio. Per il popolo del basket, lui è il Capitano. “Sì, il capitano della
Nazionale seconda alle Olimpiadi di Atene”. Medaglia d’argento, Jack sorride. “Per tanto tempo l’ho pensata come un oro mancato, in realrà non è così. Perchè un argento alle Olimpiadi ha un grande valore, perchè fin lì ci siamo arrivati noi, perchè quello resta il risultato più grande di sempre”.
La sua Nazionale, quella di Charlie Recalcati, Come fai ad avere rimpianti”. Già, come fai? “Certo, battemmo la Lituania, che era la grande favorita per l’oro e in finale trovammo l’Argentina, che già avevamo battuto. Ma era stato così grande lo sforzo in semifinale che non ne avevamo davvero più. Ci mancavano le forze, fisiche e mentali”.
Lui, il Capitano di quella squadra. “Un’altra lezione dello sport? Ti offre sempre un’altra chance, c’è sempre il giorno dopo un’altra partita da giocare. Io quattro anni prima, alle Olimpiadi, avevo sbagliato il tiro decisivo contro l’Australia.
Fummo eliminati, per quel tiro sbagliato. Ma quattro anni dopo eravamo sul podio. Lo sport è questo. Anzi, la vita è questa”.

Raffaele Tomelleri