Giunta regionale del neo presidente Alberto Stefani lascia sul terreno politico successi, malumori, sconfitte che attraversano tutto il Veneto. E anche a Verona. Ci sono molti «non detti» nelle giornate post presentazione della Giunta veneta che ricordiamo è passata dagli 8 assessori di Zaia ai 10 di Stefani più due consiglieri con delega che parteciperanno alle riunione dell’esecutivo, quindi di fatto si è passati da 8 a 12, un aumento di poltrone del 50%. E nonostante questo, Verona come ne esce? Maluccio: un assessore, Diego Ruzza di Fratelli d’Italia ai Trasporti e Elisa De Berti consigliera con delega alle Infrastrutture e attuazione del programma. Il resto, fuori. Conseguenze veronesi? Vediamo di togliere il velo dell’imbarazzo del «non detto». Innanzi tutto dentro Fratelli d’Italia, l’europarlamentare Daniele Polato si è rivelato il match winner: ha sbancato. E’ riuscito a piazzare in Giunta l’ex sindaco di Zevio Diego Ruzza, una matricola perché al primo mandato ed è già assessore. Lascerà il posto in Consiglio regionale a Claudia Barbera, prima dei non eletti, che così mette a segno una doppietta. Resta a secco il coordinatore provinciale Ciro Maschio che portava David di Michele, così come resta fuori il «senatore» Massimo Giorgetti che aveva rinunciato a correre con le preferenze per non portarne via troppe agli altri con la promessa di entrare in Giunta come assessore esterno. Niente da fare. E i contraccolpi dentro il partito meloniano si faranno sentire, anche perché Polato ha viaggiato in sintonia con Verona Domani di Matteo Gasparato e nessuno dei due proviene storicamente da Fratelli d’Italia e Alleanza nazionale o andando ancora più in là per alcuni dal Fronte della Gioventù. Sono considerati estranei alla storia del partito. Del resto, il neo presidente Stefani ha dimostrato di non voler senatori esterni al suo partito: Bitonci, leghista salviniano, va bene, ma Giorgetti di FdI e Flavio Tosi di Forza Italia no. Piuttosto che dei senatori, considerati forse troppo pericolosi, ha preferito, Stefani, circondarsi di matricole: molti assessori sono al primo mandato. Già, perché anche Tosi non ha centrato l’obiettivo che si era prefissato: l’assessorato alla Sanità. Una volta che Fratelli d’Italia non ha saputo presentare nomi all’altezza per questo assessorato che vale una decina di miliardi di euro, Stefani non ha chiesto a Forza Italia ma ha scelto un tecnico, il professor Gino Gerosa, luminare della cardiochirurgia. E così Tosi ha abbozzato, lasciando la Regione e ritornando a Bruxelles, facendo posto in Consiglio regionale ad Alberto Bozza, probabile capogruppo. Certo, Forza Italia torna in Giunta veneta dopo 15 anni con Elisa Venturini da Casalserugo (Padova) all’Ambiente e Protezione civile, ma a livello veronese le aspettative erano più alte a cominciare dal numero dei consensi che sono stati a doppia cifra solo a Verona mentre nel resto delle province il dato è stato deludente. E le promesse di Tajani che si era speso per avere l’assessorato in Regione e per il nome di Tosi? L’ex sindaco ha dovuto fare i conti anche con questo: un Tajani, coordinatore nazionale e ministro degli Esteri, ultimamente un po’ distratto dalle sue vicende che lo vedono messo in discussione dalla famiglia Berlusconi per la leadership, con l’ipotesi del calabrese Occhiuto in rampa di lancio per un cambio al vertice del partito.
De Berti e la compensazione di Zaia. L’ex governatore continuerà ad avere grande influenza come presidente del Consiglio
E a livello leghista? C’è la zaiana Elisa De Berti, veronese della Bassa, che dopo due mandati non poteva più essere nominata assessore ma entra in Giunta in posizione defilata: non è assessora, ma «consigliere delegato a Infrastrutture e attuazione del programma», così potrà partecipare alle riunioni dell’esecutivo a palazzo Balbi, con una ipotetica e futura promozione a sottosegretaria alla Presidenza, ruolo che al momento non esiste e sul quale probabilmente dovrà esprimersi con voto il Consiglio regionale. Una compensazione voluta dal presidente uscente Luca Zaia che continuerà ad avere grande influenza sulla Giunta Stefani dal ruolo di presidente del Consiglio regionale che gli dovrebbe essere confermato oggi nella prima riunione di Palazzo Ferro Fini. Verona esce così da questa partita con le briciole, confermandosi marginale rispetto al Veneto orientale. In particolare si indebolisce anche la Treviso Zaia mentre il ruolo centrale l’avrà Padova che conta quattro assessori più il presidente Stefani. E anche il professor Gerosa, che viene tirato per la giacchetta in tutte le province è di fatto padovano. Sembra veronese perché ha lavorato e abitato a Borgo Trento, ma anche il Dolomiti se lo è intestato perché lui è trentino. Di fatto, vive e lavora a Padova. Ed è stato sicuramente un colpo di teatro molto mediatico da parte di Stefani, ma è tutto da vedere se un tecnico riuscirà a svolgere un ruolo così delicato e politico come quello della gestione della sanità nel Veneto (emergenza medicina territoriale, rapporti pubblico-privato, liste d’attesa, ospedali da chiudere o da potenziare) e come sarà il rapporto con gli altri assessori. Se poi, fanno notare alcuni osservatori, la competenza per materia che è stata dimostrata con il professor Gerosa era la logica delle scelte, chissà perché i Trasporti e la Mobilità sono stati assegnati a Ruzza (con esperienze di sindaco per carità) che è medico psicologo.
mb



