Quando il giornalismo diventa sentimento – il diario di Raffaele Tomelleri

Ho la fortuna di fare un lavoro bellissimo. Di aver realizzato il sogno che avevo da ragazzo, quando cominciavo a pensare “cosa farò da grande?” Studiavo legge, ma non ci…credevo molto. Sognavo di fare il giornalista. L’ho fatto. E’ bellissimo quando puoi fare il lavoro che sogni, mica per tutti è così. Mio papà mi diceva sempre, “ma ti pagano anche per andare a vedere le partite?”.
Poi ci sono giorni come questi. Momenti come questi. In cui ti scontri col dolore. In cui DEVI parlare del dolore. Affrontarlo. Metterci le mani. I pensieri. L’anima. Tutto quello che hai. In cui le parole pesano, sono macigni. In cui fai i conti con le lacrime degli altri. Di chi soffre. Di chi ce la fa. Di chi spera di farcela. Di mamme e papà. Di fratelli. In cui devi dare anche i numeri. E dire e scrivere “…oggi ne sono morti meno di ieri”. E ci stai male. E pesi le parole, gli aggettivi, i titoli, le virgole, i sospiri, perchè tutto questo può far male.
E ci passi del tempo a pensare. Che cosa è giusto, che cosa non lo è. Fin dove arriva il dovere di cronaca e dove inizia il dovere della sensibilità. E ogni sera fai i conti con te stesso. No, non sempre è facile fare questo mestiere…