Reinventare… ma per quando? E per chi? – L’intervista a Francesca Brotti Teatro senza pubblico: forse la risposta non è negli show virtuali. Gli ostacoli per la ripresa

«Oltre alla nostra creatività, c’è la ben più urgente questione della tutela dei diritti dei lavoratori di una categoria messa in ginocchio, da una emergenza sanitaria che ha scoperchiato la fragilità del nostro lavoro.» Queste le parole di Francesca Botti, attrice diplomata alla Scuola d’arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e attiva da anni nelle produzioni di compagnie teatrali venete e lombarde.

Quanto è importante dedicarsi all’arte anche in un periodo di emergenza sanitaria come questo?

L’arte è parte dell’essere umano, è rifugio, è ricerca di bellezza, ricerca di senso. Credo abbia aiutato tanti di noi in questo periodo di isolamento. Ma un conto è “fruire” l’arte, un conto è farla.
Spesso le persone non pensano che il nostro sia un lavoro, ma un passatempo. Non è così. Io mi dedico alla mia arte da 20 anni. Ogni giorno. Nei due mesi di lockdown ho avuto un serio stop creativo e di volontà del fare. Ma sono sicura che è andata bene così. Ho voluto “stare” in qualcosa di più grande di noi tutti: un momento di dolore e fatica collettiva. Questo da qualche parte sedimenterà, col tempo verrà rielaborato e, sono sicura, mi darà nuova forza.

Come è cambiata la sua situazione a livello lavorativo?

Da marzo sono saltati tutti i miei lavori: date in calendario di spettacoli, laboratori teatrali all’interno della scuola pubblica e laboratori di teatro in spazi privati.
La precarietà sta nel fatto che la data del 15 giugno non risolverà davvero la ripresa delle attività ma solo (e forse) delle strutture in grado di sostenere la riapertura con un pubblico di gran lunga ridotto. Questa data inoltre indica che il Bonus (che tra l’altro molti colleghi non hanno potuto ottenere) verrà sospeso. Ma i medi e piccoli spazi (quelli con cui mi relaziono maggiormente io), magari anche privi di un sostegno del Fus, difficilmente riprenderanno le attività.

Crede che, al momento, i percorsi personalizzati e le lezioni online possano essere una buona soluzione in sostituzione delle lezioni dal vivo?

Il teatro ha bisogno di presenza, questo è indubbio. Le lezioni online sono una questione delicata.
Io, in accordo con le mie colleghe e la direzione della scuola per cui lavoro, ho ripensato seriamente l’attività, fornendo un progetto ben pensato e mirato al mio gruppo di allievi. Si possono dunque sì fare delle proposte, ma devono sempre tener conto dello strumento e dell’obiettivo didattico.
È stato importante per me verificare che i miei strumenti siano utili ai miei allievi; per fare un percorso di analisi del testo e di interpretazione, puntando sempre sulla relazione e sull’azione teatrale.

Chi vive di arte e creatività può trovare un “rifugio sicuro interiore” anche in un periodo di incertezza e libertà limitata come questo?

Credo che un artista sia abituato a tempi di riflessione e di pausa, in cui si dedica allo studio, alla rielaborazione dei contenuti. Personalmente, in questo periodo, non ho sentito l’esigenza di essere visibile ad ogni costo. Il rifugio interiore è necessario ma qui la questione è vedere una prospettiva. Ovvero, ora che le maglie si sono un po’ allentate, si può progettare, reinventare, produrre. Ma la domanda vera è: per quando? Per chi? E questo genera uno stato di angoscia e incertezza.

Quali sono i Suoi progetti nel futuro prossimo?

Concludo il mio corso annuale di teatro, nella forma di radiodramma. Auto-produrrò uno spettacolo per il serale in questi mesi estivi e spero che con settembre, assieme ai miei collaboratori, si possano riaprire la vendita e il dialogo con teatri e scuole. Inoltre ho in mente di proporre degli stage intensivi per l’estate e nuovi corsi per l’inverno. Proprio per il periodo autunnale-invernale, ho in programma un piccolo progetto con i bimbi ad ottobre e la ripresa di un breve tour di uno spettacolo più grosso a gennaio. Sperando che da qui in avanti le cose migliorino, si intende. L’arte è il nostro sostentamento. È lavoro.

Beatrice Castioni