Sartori “indaga” sul “delitto-Chievo” “Sì, questa fine è un vero delitto: 30 anni della mia vita, come fossero stati cancellati”

“Non c’è nessuna formula magica”. Giovanni Sartori, oggi responsabile dell’area tecnica dell’Atalanta, svela i segreti dei nerazzurri. “È il frutto di un lavoro fatto in maniera eccellente dall’allenatore, quando è arrivato. Considerate che in cinque anni, noi abbiamo giocato tre Champions, un’Europa League e conseguito il passaggio del turno, l’unica volta dove non abbiamo fatto nulla abbiamo perso i preliminari (contro il Copenaghen). Quindi per noi è il top: tre terzi posti, un quarto e un settimo posto. Questo è grazie all’arrivo di Gasperini che ha cambiato l’aspetto tecnico, tattico, mentale. Gasperini è l’elemento fondamentale.
È un super allenatore perché va al di là della tattica o del fare spogliatoio?
“Sì, ha questa visione di manager alla inglese per la gestione della squadra. La società ha dato a lui questa possibilità. Certo, ha un carattere forte, in certi momenti è normale tu sia preso e si vada anche allo scontro. Però finito quel momento è una persona piacevole e normale con cui puoi discutere. Nel momento della partita e dell’allenamento è talmente preso che è più difficile confrontarsi e parlare”.
Sei legato al Chievo, come spieghi quel che è successo?
“Onestamente non riesco a darmi una spiegazione, una risposta esatta ed esaustiva. Perché sono sette anni che non ho più contatti con il Chievo, con Verona, per cui non posso saperlo. Certo che è un vero peccato, un delitto avere perso una squadra che ha fatto la storia di un quartiere di Verona che ha iniziato dai dilettanti, arrivando ai preliminari di Europa e Champions League. È stata un punto di riferimento per tutte le squadre neopromosse che nel loro campionato erano la novità. Si diceva il “Chievo di Svizzera”, il “Chievo di Norvegia”. È un dispiacere grandissimo, parlano di problematiche finanziarie ma non so se eran superabili o meno. Quando ci penso è come se trent’anni della mia vita fossero stati cancellati di colpo. E mi dispiace per l’uomo Campedelli e per la sua famiglia, prima ancora che per il calcio”.