Sfide per la Verona di domani: aree dismesse, caserme, turismo Giorgio Massignan: “Ecco alcuni suggerimenti, sperando che non restino sogni”. Basta consumo di suolo, sì alla rigenerazione

l’assessorato all’Urbanistica, ha aperto la fase di ascolto della città per il nuovo Piano regolatore comunale e per il Pat, piano di assetto del territorio, inaugurando la call Fermenti di città, come riportato ieri sulle pagine della Cronaca di Verona. L’intento, ha spiegato la vicesindaca Barbara Bissoli, è quello di raccogliere le istanze, le proposte, le innovazioni di tutti i soggetti della città, dalle categorie economiche alle associazioni ambientaliste, dai quartieri agli esperti, per avere una base di dati cocnreti sulla abse dei quali disegnare il futuro della città.
Una fase di ascolto che durerà fino al 30 aprile, con incontri aperti alla cittadinanza, poi si passerà alla fase di preparazione degli strumenti urbanistici.
Un’occasione preziosa per un ambientalista come Giorgio Massignan, storico presidente di Italia Nostra, già assessore all’urbanistica, coordinatore di Veronapolis, per avanzare suggerimenti e proposte per Verona. Tra i desideri o i sogni più importanti per il 2024 ecco cosa troviamo.
“Un metodo di reale urbanistica partecipata, che non sia di solo ascolto, con relative osservazioni, ma di concreta e attiva collaborazione da parte degli esponenti della città”.
E poi “Il blocco del consumo di suolo e il recupero delle aree e degli edifici dismessi”, dice Massignan. Una linea guida che ieri la vicesindaca Bissoli aveva anticipato di aver già fatto propria: “Stop al consumo di suolo, puntiamo sulla rigenerazione urbana”. In passato molte previsioni di allargamento della città sono state smentite, inutile insistere adesso che c’è molto da recuperare. Tanto che ci sono vastissime zone da riqualificare ma sono ancora al palo: pensiamo a che cosa doveva essere trasformato nella vecchia Zai storica, pensiamo al progetto di riqualificazione a Porto San Pancrazio, oppure all’ex Tiberghien. La rigenerazione urbana per forza diventa il primo obiettivo a fronte di una città che ha così tante ferite aperte. E le difficoltà finanziarie di investitori come Benko di Signa Group non aiutano.
Massignan prosegue poi ricordando “La grande zona agricola della Marangona, che potrebbe rimanere verde e utilizzare le aree industriali dismesse per realizzare il polo logistico in funzione anche del Quadrante Europa; l’inizio della decostruzione, con l’abbattimento degli immobili fatiscenti e la conseguente bonifica del paesaggio e dei monumenti”.
“Nell’attuale area di Forte San Caterina al Pestrino, anziché costruire un improbabile centro per disabili, si potrebbe bonificare la zona da tutta la brutta edilizia militare che la occupa e aumentare la superficie del Parco dell’Adige. Sarebbe anche opportuno prevedere la pulizia delle aree di fronte alle mura magistrali per poterne leggere integralmente l’architettura”.
Nel futuro disegno di città, un ruolo fondamentale potrà averlo il piano caserme di cui già si sta discutendo a Palazzo Barbieri: “Le caserme potrebbero essere utilizzate per risolvere il problema relativo alla mancanza di alloggi per studenti e per le fasce di popolazione economicamente più fragili. Inoltre, sarebbero strutture idonee ad ospitare il centro per disabili, previsto al Pestrino”.

“Il filobus potrebbe aumentare il caos”

E poi, prosegue Massignan, serve ” un piano particolareggiato del centro storico per interrompere il processo di consumo turistico e per iniziarne uno di ripopolamento residenziale”.
A tale riguardo, la trasformazione dell’ex sede dell’Unicredit, di proprietà della Fondazione Cariverona, in un hotel, “aggraverebbe la deriva turistica del Centro Storico. Viceversa, la destinazione a residenza, porterebbe nuovi abitanti in centro, con i relativi effetti, quali negozi di vicinato e piccoli artigiani”.
E c’è poi la Zai storica, come si diceva. Serve “un piano particolareggiato dell’intera zona di Verona sud, che è stata trasformata in un polo direzionale e commerciale. È necessario ricreare una porzione di città, con un’equa distribuzione di funzioni abitative, commerciali, direzionali, culturali e di servizio”.
Un nuovo piano urbanistico per la città non può prescindere dallo sviluppo delle aree verdi: “La pianificazione del sistema del verde, deve prevedere una fascia verde di collegamento dei forti extra moenia, da quello di Parona a quello del Pestrino, la riqualificazione naturalistica delle cave dismesse e la realizzazione e/o l’ampliamento dei parchi dell’Adige, delle Mura, della Collina, della Spianà e dello Scalo Merci”.
Ma uno dei nodi più delicati sarà quello legato a trasporti e mobilità privata per cui secondo Massignan va programmato “un sistema della mobilità efficiente ed ecocompatibile che possa razionalizzare il traffico ed ampliare all’intero Centro Storico la ZTL. Il filobus, per le sue caratteristiche strutturali, non sarà alternativo al traffico privato a motore, anzi, con la riduzione in larghezza di alcune arterie di grande utilizzo per ricavare le corsie preferenziali per il filobus, si rischia un aumento del caos automobilistico. La strada collinare tra porta Vescovo e porta San Giorgio, nelle ore di punta, è al collasso,
così come lo è Veronetta. Saranno necessari altri interventi, che non dovranno essere fatti in uno stato di emergenza, ma dopo una seria pianificazione”.
Su questo punto da Massignan arrivano due suggerimenti: “La proposta di un sottopasso per i veicoli a motore tra la Giarina e Santo Stefano, con la conseguente grande area pedonale in superficie davanti al Teatro Romano, si potrebbe ristudiare. Così come un breve tunnel di collegamento tra Porta Vescovo e via Mameli, non dovrebbe essere ideologicamente scartato”.
Resta ancora aperto, dopo decenni, il tema dei contenitori culturali da mettere in rete. “La programmazione di un sistema culturale, che preveda l’ampliamento del Museo di Castelvecchio e il suo collegamento con l’Arsenale, dove andrebbe valutata l’opportunità di spostare, da Palazzo Pompei, il museo di Scienze Naturali. Andrebbe poi pianificato il decentramento nella cintura periferica di varie attività culturali, recuperando gli edifici dismessi”.
Si torna a parlare anche della Rotonda che ospita Eataly: “Il vecchio stabile per la produzione del ghiaccio, di proprietà della Fondazione Cariverona, ora utilizzato da Eataly, in futuro potrebbe rappresentare un importante centro culturale per la zona sud della nostra città. Così com’era previsto nei piani iniziali”.
“Se tutti questi – conclude Massignan – saranno obiettivi reali o solo desideri di un sognatore inascoltato, lo sapremo solo vivendo”.

“All’ex Seminario vadano uffici pubblici”

E a proposito di scelte urbanistiche, entra in campo il consigliere regionale Valdegamberi. Questa volta l’esponente del Gruppo misto di Palazzo Ferro Fini, lancia una provocazione tutta veronese. Provocazione nella quale riesce, abilmente, a mettere insieme tutti i temi più scottanti di queste settimane in città: le zone 30, l’emergenza smog, le scelte urbanistiche per la città, il destino dell’ex Seminario di San Massimo per il cui utilizzo futuro è stato aperto un concorso di idee dalla Diocesi con la collaborazione del patron di Calzedonia Sandro Veronesi.
Sostiene infatti Valdegamberi che di fronte all’allarme smog che vede la città in allerta rossa “Ridurre i limiti di velocità peggiora solo la situazione: occorre portare fuori dalla città gli attrattori di traffico. L’ex seminario di San Massimo può essere una soluzione”.
La proposta è quella di delocalizzare gli attrattori di traffico. “E’ stato lanciato un concorso di idee per il riutilizzo degli spazi dell’ex seminario di San Massimo. Il problema dell’inquinamento della città di Verona va affrontato attraverso la riqualificazione energetica degli edifici (i primi responsabili delle emissioni) e con lo spostamento fuori dalla città degli attrattori di traffico. Cittadini, lavoratori e studenti, devono quotidianamente raggiungere il centro città per accedere ai servizi pubblici (Inps, Inail, scuole, Ulss, tribunali, provincia, uffici comunali) e privati (direzioni di banche, assicurazioni, uffici…), sia come lavoratori che come fruitori dei servizi. Perché non portare ai margini della città questi servizi, in siti facilmente accessibili dalla città e dalla provincia e ben serviti dai mezzi pubblici, invece di portare il traffico in mezzo alla città?”.
Per Valdegamberi è “inutile obbligare le persone ad accedere in città e poi lamentarsi per il traffico e l’inquinamento. L’uso dell’auto, soprattutto per chi viene dalla provincia e per chi lavora, non è un capriccio ma una necessità. L’ex seminario potrebbe diventare un’ottima soluzione per Verona, ove concentrare i servizi pubblici e privati portandoli fuori dalla città. Si trova in un luogo baricentrico alla provincia, servito dalle tangenziali e prossimo alle uscite autostradali. Riduzione dei tempi di percorrenza significa riduzione di emissioni”.
“Mi auguro che questa soluzione sia presa seriamente in considerazione dai decisori pubblici della città – conclude Valdegamberi – Il traffico e l’inquinamento non si abbattono con restrizioni che mortificano e rendono impossibile la vita per chi lavora, ma riducendo i tempi di percorrenza all’interno della città”.