Social e minori, proibizionismo e regole. L’uso intensivo di dispositivi può disturbare il riposo e peggiorare il benessere

In Australia i minori di 16 anni non potranno più accedere ai social. E in queste ore Meta sta già avviando la procedura di cancellazione degli account Instagram e Facebook dei giovani utenti australiani, su disposizione della eSafety Commissioner Julie Inman Grant. Il Governo danese ha altrettanto proposto di vietare l’uso dei social ai minori di 15 anni, prevedendo la possibilità di una deroga ai genitori dopo ”specifica valutazione”. Non è ancora chiaro quali piattaforme saranno coinvolte ma il Governo ha citato Snapchat, YouTube, Instagram e Tik Tok come quelle più utilizzate dai giovanissimi. Per far rispettare il divieto, la Danimarca intende usare il suo sistema d’identità elettronica nazionale e sta sviluppando un’App dedicata alla verifica dell’età. È prevista anche una sanzione per le piattaforme che non effettuano controlli rispetto all’età dei loro fruitori. Inoltre il Governo danese destinerà 160 milioni di corone danesi a iniziative volte a migliorare la protezione dei giovani online, tra cui il rafforzare il benessere digitale, lo sviluppare alternative ai social, il contrastare la pubblicità illegale e il marketing gestito da influencer verso il target minori. Questo nuovo piano si inserisce in un quadro più ampio, la Danimarca infatti ha già vietato i cellulari nelle scuole e nelle associazioni del doposcuola. Il Governo danese motiva la proposta con una serie di preoccupazioni: in primis la salute mentale. Il primo ministro Mette Frederiksen ha citato un aumento di ansia e depressione fra i giovani legato all’uso dei social. Il Governo sottolinea inoltre che i social possono interferire con la capacità di concentrarsi. Un’altra preoccupazione riguarda i Disturbi del sonno in quanto l’uso intensivo di dispositivi e social può disturbare il riposo, elemento che peggiora il benessere generale. I ragazzini inoltre utilizzando i social possono essere esposti a contenuti non adatti ai loro strumenti (come violenza, autolesionismo, bullismo, sessualità esplicita). Inoltre, vi è un rischio relativo alle relazioni ”digitali” che possono creare tensione, bisogno di approvazione (tramite like e follower). L’applicazione di tali regole e il farle rispettare (controllare chi ha account ”sotto età”, multe e verifiche) può essere complesso. Infine, vietare i social può anche allontanare i ragazzi, perché molte attività sociali, scolastiche e gli stessi rapporti con amici, passano oggi dal digitale; se tale aspetto viene vietato anziché calibrato rischia di inibire interazioni positive. Anche in Italia si discute molto del rapporto tra giovani e social, soprattutto in relazione a salute mentale, dipendenza, cyberbullismo e il fenomeno dei ”baby influencer”. Vi sono già regole UE (es. Digital Services Act) che spingono per una maggiore responsabilità delle piattaforme. Una proposta nazionale potrebbe integrarsi con queste logiche. E’ probabile che anche in Italia si possa pensare a meccanismi di verifica dell’età digitale, anche se non abbiamo un sistema di identità elettronica come quello danese, ma si può ragionare su altre soluzioni (”Wallet digitale”, ID digitale, App). In alternativa alla proibizione potrebbe essere efficace investire in educazione digitale e alfabetizzazione mediatica (insegnando ai ragazzi, e non solo, a gestire i social in modo equilibrato). Una maggior regolamentazione delle piattaforme, combinata a misure educative potrebbe bilanciare i rischi e benefici.